Sofia Domino's Blog - Posts Tagged "cielo"
DOMANI USCIRA' IL MIO ROMANZO - GIORNATA DELLA MEMORIA
Domani sarà una giornata molto importante.
Come sappiamo, sarà La Giornata della Memoria, un altro modo per non dimenticare le vittime del nazismo, gli innocenti che sono stati internati nei campi di concentramento e tutti coloro che, durante la Seconda Guerra Mondiale, si sono sacrificati per gli altri.
Sono molto contenta di ricordare il nostro passato, affinché tali atrocità non siano più ripetute, anche grazie all'uscita del mio romanzo "Quando dal cielo cadevano le stelle", che sarà disponibile da domani.
Domani posterò maggiori informazioni sul mio romanzo e sul link di acquisto.
Nel frattempo vi aspetto numerosi sul mio blog, dove troverete maggiori informazioni.
Un saluto!
http://sofiadominolibri.blogspot.it
Come sappiamo, sarà La Giornata della Memoria, un altro modo per non dimenticare le vittime del nazismo, gli innocenti che sono stati internati nei campi di concentramento e tutti coloro che, durante la Seconda Guerra Mondiale, si sono sacrificati per gli altri.
Sono molto contenta di ricordare il nostro passato, affinché tali atrocità non siano più ripetute, anche grazie all'uscita del mio romanzo "Quando dal cielo cadevano le stelle", che sarà disponibile da domani.
Domani posterò maggiori informazioni sul mio romanzo e sul link di acquisto.
Nel frattempo vi aspetto numerosi sul mio blog, dove troverete maggiori informazioni.
Un saluto!
http://sofiadominolibri.blogspot.it
LINK D'ACQUISTO "QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE"
Il mio romanzo è disponibile su Lulu in formato digitale a 1.99€.
LINK:
http://www.lulu.com/shop/sofia-domino...
Per non dimenticare.
Sofia
LINK:
http://www.lulu.com/shop/sofia-domino...
Per non dimenticare.
Sofia
PRIMA RECENSIONE PER "QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE".
E' firmata Enrico Cardillo la prima recensione del mio romanzo, uscita oggi sul blog "Recensioni libri e tv".
Questo è il link:
http://recensioni-libri-tv.blogspot.i...
Questa è la trascrizione:
Si tratta di un testo scritto da un'autrice indipendente che è acquistabile a 1,99 euro.
Siamo sempre sul tema della Shoah, come spesso ultimamente nel mio Blog. E il testo non è un saggio, ma un romanzo. Un romanzo molto triste e commovente, ma anche molto bello!
E' sostanzialmente diviso in due parti.
La prima tratta della storia di una ragazza italiana ebrea di 13 anni, Lia, che deve cercare di sopravvivere alle leggi razziali italiane e che, come molti a quei tempi, è costretta a rifugiarsi nelle cantine di qualche anima coraggiosa e pia.
La seconda parla sempre di Lia, ma è ambientata ad Auschwitz, e poi in altri campi di concentramento.
Ho diviso le due parti non solo perché cambia l'ambientazione.
Ma anche perché cambia lo stile di scrittura: più dialogata la prima parte, più descrittiva e concentrata sui pensieri della protagonista, la seconda (che a me è piaciuta molto di più).
E anche perché cambia l'atteggiamento della stessa protagonista.
Molto passivo nella prima parte. Decisamente attivo e combattivo nella seconda. Nella sua esperienza di "rifugiata" è ancora una bambina, protetta (per quanto possibile) dai genitori e dalla famiglia. In quella di deportata è lei a farsi artefice della propria vita, cercando di resistere e di sorreggere chi ha intorno.
Nella terribile esperienza del lager, la ragazza è costretta a vedere scomparire man mano tutto il suo mondo, i suoi amori, i fondamentali della sua vita. E tutto è descritto con precisione e passione, in quell'atmosfera triste e commovente, del resto inevitabile dato l'argomento.
Ma nel cuore di Lia rimane vivo il senso di sé, la coscienza che la vita non è finita, che gli uccellini cantano ancora, che nel cielo le stelle brillano ancora.
I nazisti vogliono portarle via tutto, l'umanità, la vita interiore.
E in parte ci riescono. Ma solo in parte. In lei rimane sempre un barlume, una minuscola ma intensa sensazione del fatto che il mondo non è solo quello e che non sarà per sempre quello.
Gli eventi storici si alternano a quelli della storia dei personaggi. E il testo è arricchito da note.
Mi è sembrato inoltre ben documentato.
Lo consiglio certamente.
Questo è il link:
http://recensioni-libri-tv.blogspot.i...
Questa è la trascrizione:
Si tratta di un testo scritto da un'autrice indipendente che è acquistabile a 1,99 euro.
Siamo sempre sul tema della Shoah, come spesso ultimamente nel mio Blog. E il testo non è un saggio, ma un romanzo. Un romanzo molto triste e commovente, ma anche molto bello!
E' sostanzialmente diviso in due parti.
La prima tratta della storia di una ragazza italiana ebrea di 13 anni, Lia, che deve cercare di sopravvivere alle leggi razziali italiane e che, come molti a quei tempi, è costretta a rifugiarsi nelle cantine di qualche anima coraggiosa e pia.
La seconda parla sempre di Lia, ma è ambientata ad Auschwitz, e poi in altri campi di concentramento.
Ho diviso le due parti non solo perché cambia l'ambientazione.
Ma anche perché cambia lo stile di scrittura: più dialogata la prima parte, più descrittiva e concentrata sui pensieri della protagonista, la seconda (che a me è piaciuta molto di più).
E anche perché cambia l'atteggiamento della stessa protagonista.
Molto passivo nella prima parte. Decisamente attivo e combattivo nella seconda. Nella sua esperienza di "rifugiata" è ancora una bambina, protetta (per quanto possibile) dai genitori e dalla famiglia. In quella di deportata è lei a farsi artefice della propria vita, cercando di resistere e di sorreggere chi ha intorno.
Nella terribile esperienza del lager, la ragazza è costretta a vedere scomparire man mano tutto il suo mondo, i suoi amori, i fondamentali della sua vita. E tutto è descritto con precisione e passione, in quell'atmosfera triste e commovente, del resto inevitabile dato l'argomento.
Ma nel cuore di Lia rimane vivo il senso di sé, la coscienza che la vita non è finita, che gli uccellini cantano ancora, che nel cielo le stelle brillano ancora.
I nazisti vogliono portarle via tutto, l'umanità, la vita interiore.
E in parte ci riescono. Ma solo in parte. In lei rimane sempre un barlume, una minuscola ma intensa sensazione del fatto che il mondo non è solo quello e che non sarà per sempre quello.
Gli eventi storici si alternano a quelli della storia dei personaggi. E il testo è arricchito da note.
Mi è sembrato inoltre ben documentato.
Lo consiglio certamente.
"QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE" NUOVA RECENSIONE!
Giulia, del blog "Giulia's World", ha recensito oggi il mio romanzo. Non perdere la sua recensione!
LINK ALLA RECENSIONE:
http://fcbgiulia92.blogspot.it/2014/0...
VOTO: 4 stelline e mezzo.
Approcciarsi ad un libro che tratta il tema dell'olocausto non è mai facile, sia per noi lettori ma anche e soprattutto per gli scrittori. Non è facile rievocare uno dei periodi più bui della storia umana, ed essere in grado di farlo rimanendo quanto più fedeli possibili agli avvenimenti storici. Tutti sappiamo cos'è l'olocausto, perchè festeggiamo il giorno della memoria, ma quanti di noi hanno mai letto di loro iniziativa un libro trattante l'olocausto? Io sono sempre stata una di quelle persone interessata ad approfondire l'argomento, questa è davvero una delle poche cose in cui non ammetto e non accetto l'ignoranza. Non si può essere ignoranti, non si può dire oggi che tutto questo non è mai successo. Non possiamo chiudere gli occhi e pensare che tanto non capiterà più, perchè noi uomini siamo la razza più stupida che ci sia nel regno animale.
Ma questo libro non parla solo dell'olocausto, parla anche di tutte quelle coraggiose persone che hanno sacrificato la propria incolumità per prestare soccorso agli ebrei. Non dobbiamo dimenticare infatti che in Italia le leggi raziali non hanno mai avuto un impatto così forte come lo ebbero in Germania. Moltissimi italiani, civili e religiosi, si sono adoperati per aiutare queste persone, questi connazionali che da un giorno all'altro si sono visti portare via tutto.
A tal proposito, voglio citarvi l'esempio che conosco meglio: Bartali. Gino Bartali, famoso ciclista dell'epoca, nascondeva nella canna della sua bicicletta documenti falsi per gli ebrei, in modo che potessero scampare alle deportazioni. In questo modo salvò centinaia di persone, quando gli chiesero perchè non lo avesse mai detto, lui rispose che queste cose si fanno senza farne parola. E' la cosa più bella che abbia mai sentito.
Come Gino Bartali, anche molte altre persone si prodigarono per aiutare gli ebrei. In questo romanzo, Lia e la sua famiglia vengono aiutati da varie famiglie di amici prima che la realtà della guerra entrasse prepotentemente nelle loro vite.
Ho apprezzato particolarmente il personaggio di Lia, una ragazza allegra e solare che nonostante tutto ciò che ha subito non ha mai perso la speranza. Riusciva ad immaginarsi alla fine della guerra, poteva vedersi mentre realizzava i suoi sogni. La sua semplicità e la sua forza d'animo, dovrebbero essere un esempio per tutti. E' vero, è un personaggio di finzione, ma voglio credere che le persone che si sono salvate siano riuscite a farlo perchè come Lia credevano in un futuro migliore. Un futuro in cui non ci sarebbero state più guerre, un futuro in cui le stelle sarebbero brillate in cielo, un futuro in cui gli ebrei non avrebbero più dovuto nascondersi.
Non ho potuto fare a meno di commuovermi, vedendola mentre cercava in tutti i modi di sopravvivere ai soprusi del campo, mentre cercava di farsi forza e di far forza a sua madre e alle altre internate. La vita non era stata giusta con lei, eppure Lia non si è mai persa d'animo certa che la guerra sarebbe finita presto e che avrebbe potuto riabbracciare i suoi cari.
Lia è una ragazza come tante, costretta da delle leggi ignobili a vivere segregata, costretta a dover rinunciare persino all'amore per il solo fatto di essere ebrea.
Una cosa sempre molto apprezzabile è la ricerca che sta dietro un libro, ed in questo caso devo fare i miei complimenti all'autrice. E' riuscita a creare un libro con personaggi immaginari, rimanendo il più fedele possibile agli avvenimenti storici realmente accaduti. Si nota che c'è stata una grande ricerca dietro questo libro, credo che gli sforzi dell'autrice siano stati ripagati al meglio. Inoltre ho apprezzato molto le note a margine, non ero a conoscenza di molti avvenimenti avvenuti nella capitali prima dei rastrellamenti e quelle note sono state molto utili.
Un libro commovente, crudo e reale come la vita che non potrà fare a meno di emozionarvi e di toccare le corde più profonde della vostra anima.
E ricordate: la vita è bella, la vita è meravigliosa!
LINK ALLA RECENSIONE:
http://fcbgiulia92.blogspot.it/2014/0...
VOTO: 4 stelline e mezzo.
Approcciarsi ad un libro che tratta il tema dell'olocausto non è mai facile, sia per noi lettori ma anche e soprattutto per gli scrittori. Non è facile rievocare uno dei periodi più bui della storia umana, ed essere in grado di farlo rimanendo quanto più fedeli possibili agli avvenimenti storici. Tutti sappiamo cos'è l'olocausto, perchè festeggiamo il giorno della memoria, ma quanti di noi hanno mai letto di loro iniziativa un libro trattante l'olocausto? Io sono sempre stata una di quelle persone interessata ad approfondire l'argomento, questa è davvero una delle poche cose in cui non ammetto e non accetto l'ignoranza. Non si può essere ignoranti, non si può dire oggi che tutto questo non è mai successo. Non possiamo chiudere gli occhi e pensare che tanto non capiterà più, perchè noi uomini siamo la razza più stupida che ci sia nel regno animale.
Ma questo libro non parla solo dell'olocausto, parla anche di tutte quelle coraggiose persone che hanno sacrificato la propria incolumità per prestare soccorso agli ebrei. Non dobbiamo dimenticare infatti che in Italia le leggi raziali non hanno mai avuto un impatto così forte come lo ebbero in Germania. Moltissimi italiani, civili e religiosi, si sono adoperati per aiutare queste persone, questi connazionali che da un giorno all'altro si sono visti portare via tutto.
A tal proposito, voglio citarvi l'esempio che conosco meglio: Bartali. Gino Bartali, famoso ciclista dell'epoca, nascondeva nella canna della sua bicicletta documenti falsi per gli ebrei, in modo che potessero scampare alle deportazioni. In questo modo salvò centinaia di persone, quando gli chiesero perchè non lo avesse mai detto, lui rispose che queste cose si fanno senza farne parola. E' la cosa più bella che abbia mai sentito.
Come Gino Bartali, anche molte altre persone si prodigarono per aiutare gli ebrei. In questo romanzo, Lia e la sua famiglia vengono aiutati da varie famiglie di amici prima che la realtà della guerra entrasse prepotentemente nelle loro vite.
Ho apprezzato particolarmente il personaggio di Lia, una ragazza allegra e solare che nonostante tutto ciò che ha subito non ha mai perso la speranza. Riusciva ad immaginarsi alla fine della guerra, poteva vedersi mentre realizzava i suoi sogni. La sua semplicità e la sua forza d'animo, dovrebbero essere un esempio per tutti. E' vero, è un personaggio di finzione, ma voglio credere che le persone che si sono salvate siano riuscite a farlo perchè come Lia credevano in un futuro migliore. Un futuro in cui non ci sarebbero state più guerre, un futuro in cui le stelle sarebbero brillate in cielo, un futuro in cui gli ebrei non avrebbero più dovuto nascondersi.
Non ho potuto fare a meno di commuovermi, vedendola mentre cercava in tutti i modi di sopravvivere ai soprusi del campo, mentre cercava di farsi forza e di far forza a sua madre e alle altre internate. La vita non era stata giusta con lei, eppure Lia non si è mai persa d'animo certa che la guerra sarebbe finita presto e che avrebbe potuto riabbracciare i suoi cari.
Lia è una ragazza come tante, costretta da delle leggi ignobili a vivere segregata, costretta a dover rinunciare persino all'amore per il solo fatto di essere ebrea.
Una cosa sempre molto apprezzabile è la ricerca che sta dietro un libro, ed in questo caso devo fare i miei complimenti all'autrice. E' riuscita a creare un libro con personaggi immaginari, rimanendo il più fedele possibile agli avvenimenti storici realmente accaduti. Si nota che c'è stata una grande ricerca dietro questo libro, credo che gli sforzi dell'autrice siano stati ripagati al meglio. Inoltre ho apprezzato molto le note a margine, non ero a conoscenza di molti avvenimenti avvenuti nella capitali prima dei rastrellamenti e quelle note sono state molto utili.
Un libro commovente, crudo e reale come la vita che non potrà fare a meno di emozionarvi e di toccare le corde più profonde della vostra anima.
E ricordate: la vita è bella, la vita è meravigliosa!
"QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE" - NUOVA RECENSIONE!
E' firmata Aquila Reale la nuova recensione del mio romanzo, uscita sul blog "Penna d'oro"!
LINK ALLA RECENSIONE;
http://pennadoro.blogspot.it/2014/03/...
VOTO: 4 stelline e mezzo.
RECENSIONE:
Lia è una ragazzina ebrea, ha 13 anni ed è costretta a vivere in una buia cantina per sfuggire ai fascisti. La famiglia Urovitz è composta da papà Daniele, da mamma Giuditta, da nonna Myriam, da Lia e dai suoi fratelli Chalom e Tommaso. Sono Ebrei, devono nascondersi, devono diventare invisibili agli occhi dei loro persecutori. Così, una buia cantina diventa il loro nascondiglio. Sono aiutati dai coniugi Parisi e da altri amici di buona volontà. Nel rifugio le giornate trascorrono lente e si vive nella continua paura di esser scoperti. L’angoscia di ciò che potrebbe accadere rende tutti nervosi, demotivati tranne Myriam e Lia. La nonna mi è subito piaciuta perché mostra la saggezza tipica delle persone che hanno fatto tesoro della loro esistenza. Dispensa consigli, cerca di mitigare le situazioni in cui si creano contrasti tra i ragazzi e i loro genitori, spera nella fine della guerra per tornare finalmente a vivere in pace. Lia cerca di dare una parvenza di normalità alle sue giornate: studia, aiuta la mamma nei lavori domestici e nella preparazione dei miseri pranzi e delle, ancor più misere, cene. Ma, questa ragazzina ama la vita, guarda con occhi sognanti quella botola che la divide e la protegge dalla dura realtà e sogna. Sogna il futuro, vorrebbe diventare un medico per aiutare le persone e viaggiare, anela a esser parte attiva di quella stessa società che oggi la disprezza e la considera “un pericolo da eliminare”. La situazione precipita quando i rastrellamenti si fanno più serrati. Lia e i suoi cari iniziano un pellegrinaggio che li porterà in vari nascondigli e saranno costretti a ritornare alla loro abitazione proprio all’alba del 16 ottobre 1943 quando la comunità ebraica, del ghetto di Roma, viene rastrellata dalla Gestapo. Gli Urovitz saranno deportati ad Auschwitz. In tutto saranno 1023 ebrei italiani a finire nei campi di concentramento. Tornarono in 17.
Nel campo di concentramento di Auschwitz inizia la lenta agonia di tutti i deportati privati di ogni cosa e costretti a subire violenze alla persona e alla dignità. Ho letto queste pagine provando un vivo dolore, non è facile ripercorrere le torture subite dai prigionieri nei campi di sterminio. Non è facile accompagnare con lo sguardo da lettore i bambini, gli anziani, le donne, tutti coloro che erano inabili al lavoro, attraverso i bui e stretti corridoi che conducevano “alle docce”. Non vi descrivo gli orrori ma vi vorrei parlare della “fiducia”, “della speranza” che Lia continua a provare in cuor suo. Naturalmente mi direte: “Speranza nei lager tedeschi?” Si, cari amici, Speranza. Ed è proprio questo il messaggio che si evince tra le righe del romanzo che veste i panni di una vera e propria ricostruzione storica. Tra queste pagine si ha un intreccio perfetto tra la parte storica reale e il personaggio di Lia, emblema di tutti coloro che subirono la deportazione. Con un linguaggio forte, a volte necessariamente crudele, Sofia Domino ripercorre il dramma dei prigionieri. Esperienze sconvolgenti vengono narrate per ricordare come nei lager si perdeva la dignità di essere uomini, la capacità di pensare, la memoria di sé. La parola “annientamento” assume un duplice significato: nel lager non solo si annienta l’uomo fisicamente, ma, prima che muoia, si annientano tutte le sue caratteristiche umane.
Lia affronterà la prigionia alternando momenti di rabbia e ribellione, con momenti di disarmante ingenuità senza mai perdere la speranza. I puri di cuore non conoscono confini, i puri di cuore non moriranno mai fino a quando si avrà memoria del loro sacrificio. Riflettiamo, cari lettori, riflettiamo quando ci lamentiamo nelle nostre case, con gli amici, in piena libertà. Quando non siamo mai contenti di nulla.
Leggendo “Quando dal cielo cadevano le stelle” ho ammirato il lavoro di ricerca e di studio condotto per realizzare questo libro. La scrittrice si è posta di fronte alla Storia e con fedele e scientifica ricostruzione del passato, ci ha narrato la vita, le emozioni, le ingiustizie, i pensieri di coloro che hanno subito la violenza disumana e la sopraffazione infinita dei lager. Ho ammirato molto l’impegno di Rebecca e Sofia Domino che con i loro romanzi sull’Olocausto hanno voluto ricordarci queste esperienze dolorose. Spesso è necessario “ricordare” per poter apprezzare ciò che di positivo viviamo quotidianamente e che a volte non sappiamo riconoscere.
Vorrei concludere questa recensione-riflessione con un’immagine:
Lia ora è libera, finalmente può sognare, amare, vivere. Lia è libera di oltrepassare il cancello di Auschwitz. Lia è libera di salire su per una scala infinita i cui pioli sono formati dall’amore, dall’amicizia, dal rispetto, dalla libertà, dalla voglia di vivere, dal desiderio di realizzare i propri sogni, dalla fiducia. Sale sempre più su Lia e raggiunge la volta celeste per riportarvi l’astro della speranza affinché dal cielo non cadano più le stelle.
LINK ALLA RECENSIONE;
http://pennadoro.blogspot.it/2014/03/...
VOTO: 4 stelline e mezzo.
RECENSIONE:
Lia è una ragazzina ebrea, ha 13 anni ed è costretta a vivere in una buia cantina per sfuggire ai fascisti. La famiglia Urovitz è composta da papà Daniele, da mamma Giuditta, da nonna Myriam, da Lia e dai suoi fratelli Chalom e Tommaso. Sono Ebrei, devono nascondersi, devono diventare invisibili agli occhi dei loro persecutori. Così, una buia cantina diventa il loro nascondiglio. Sono aiutati dai coniugi Parisi e da altri amici di buona volontà. Nel rifugio le giornate trascorrono lente e si vive nella continua paura di esser scoperti. L’angoscia di ciò che potrebbe accadere rende tutti nervosi, demotivati tranne Myriam e Lia. La nonna mi è subito piaciuta perché mostra la saggezza tipica delle persone che hanno fatto tesoro della loro esistenza. Dispensa consigli, cerca di mitigare le situazioni in cui si creano contrasti tra i ragazzi e i loro genitori, spera nella fine della guerra per tornare finalmente a vivere in pace. Lia cerca di dare una parvenza di normalità alle sue giornate: studia, aiuta la mamma nei lavori domestici e nella preparazione dei miseri pranzi e delle, ancor più misere, cene. Ma, questa ragazzina ama la vita, guarda con occhi sognanti quella botola che la divide e la protegge dalla dura realtà e sogna. Sogna il futuro, vorrebbe diventare un medico per aiutare le persone e viaggiare, anela a esser parte attiva di quella stessa società che oggi la disprezza e la considera “un pericolo da eliminare”. La situazione precipita quando i rastrellamenti si fanno più serrati. Lia e i suoi cari iniziano un pellegrinaggio che li porterà in vari nascondigli e saranno costretti a ritornare alla loro abitazione proprio all’alba del 16 ottobre 1943 quando la comunità ebraica, del ghetto di Roma, viene rastrellata dalla Gestapo. Gli Urovitz saranno deportati ad Auschwitz. In tutto saranno 1023 ebrei italiani a finire nei campi di concentramento. Tornarono in 17.
Nel campo di concentramento di Auschwitz inizia la lenta agonia di tutti i deportati privati di ogni cosa e costretti a subire violenze alla persona e alla dignità. Ho letto queste pagine provando un vivo dolore, non è facile ripercorrere le torture subite dai prigionieri nei campi di sterminio. Non è facile accompagnare con lo sguardo da lettore i bambini, gli anziani, le donne, tutti coloro che erano inabili al lavoro, attraverso i bui e stretti corridoi che conducevano “alle docce”. Non vi descrivo gli orrori ma vi vorrei parlare della “fiducia”, “della speranza” che Lia continua a provare in cuor suo. Naturalmente mi direte: “Speranza nei lager tedeschi?” Si, cari amici, Speranza. Ed è proprio questo il messaggio che si evince tra le righe del romanzo che veste i panni di una vera e propria ricostruzione storica. Tra queste pagine si ha un intreccio perfetto tra la parte storica reale e il personaggio di Lia, emblema di tutti coloro che subirono la deportazione. Con un linguaggio forte, a volte necessariamente crudele, Sofia Domino ripercorre il dramma dei prigionieri. Esperienze sconvolgenti vengono narrate per ricordare come nei lager si perdeva la dignità di essere uomini, la capacità di pensare, la memoria di sé. La parola “annientamento” assume un duplice significato: nel lager non solo si annienta l’uomo fisicamente, ma, prima che muoia, si annientano tutte le sue caratteristiche umane.
Lia affronterà la prigionia alternando momenti di rabbia e ribellione, con momenti di disarmante ingenuità senza mai perdere la speranza. I puri di cuore non conoscono confini, i puri di cuore non moriranno mai fino a quando si avrà memoria del loro sacrificio. Riflettiamo, cari lettori, riflettiamo quando ci lamentiamo nelle nostre case, con gli amici, in piena libertà. Quando non siamo mai contenti di nulla.
Leggendo “Quando dal cielo cadevano le stelle” ho ammirato il lavoro di ricerca e di studio condotto per realizzare questo libro. La scrittrice si è posta di fronte alla Storia e con fedele e scientifica ricostruzione del passato, ci ha narrato la vita, le emozioni, le ingiustizie, i pensieri di coloro che hanno subito la violenza disumana e la sopraffazione infinita dei lager. Ho ammirato molto l’impegno di Rebecca e Sofia Domino che con i loro romanzi sull’Olocausto hanno voluto ricordarci queste esperienze dolorose. Spesso è necessario “ricordare” per poter apprezzare ciò che di positivo viviamo quotidianamente e che a volte non sappiamo riconoscere.
Vorrei concludere questa recensione-riflessione con un’immagine:
Lia ora è libera, finalmente può sognare, amare, vivere. Lia è libera di oltrepassare il cancello di Auschwitz. Lia è libera di salire su per una scala infinita i cui pioli sono formati dall’amore, dall’amicizia, dal rispetto, dalla libertà, dalla voglia di vivere, dal desiderio di realizzare i propri sogni, dalla fiducia. Sale sempre più su Lia e raggiunge la volta celeste per riportarvi l’astro della speranza affinché dal cielo non cadano più le stelle.
"QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE" RECENSIONE SUL BLOG "CHICCHI DI PENSIERI"!
E' firmata Angela una nuova recensione del mio romanzo d'esordio, pubblicata sul blog "Chicchi di Pensieri".
VAI ALLA RECENSIONE:
http://chicchidipensieri.blogspot.it/...
RECENSIONE:
È sempre complicato per me parlare di romanzi che mi hanno toccata nel profondo.
Ma allo stesso tempo, mi piace farlo…, e per la stessa ragione!
L’argomento “Shoah”, “campi di concentramento” (e a tutta la storia in generale) ecc… mi ha sempre molto coinvolta sin da bambina, e il mio primo approccio ad esso è partito dal Diario di Anna Frank e da allora non è più terminato.
Qualche mese fa ho recensito il libro di Rebecca “La mia amica ebrea”, incentrato sul bellissimo rapporto d’amicizia tra una ragazzina tedesca e una ebrea, che hanno imparato a buttar giù il muro di pregiudizi che le divideva per donare a loro stesse la gioia di un affetto sincero e puro, che ha brillato come un faro nelle tenebre di una guerra che porta con sé solo e sempre odio, morte, distruzione.
In “Quando dal cielo cadevano le stelle” a brillare sono le bombe di una guerra interminabile, sfiancante, estenuante, che ha provocato milioni di vittime e che ha gettato un’onta indicibile sull’UOMO (in senso antropologico), ricordando (e dico ricordando perché purtroppo la Storia, in ogni epoca e luogo, è sempre stata costellata da atti di meschinità e bassezza, di crudeltà ed ingiustizia, che sembrano sempre più grandi e numerosi rispetto agli atti di eroismo e sacrificio, che pur non sono mai mancati, proprio in frangenti come quelli) quanto esso sia maledettamente capace di mettere in atto progetti infimi e malvagi nei confronti dei propri simili, tanto da far scaturire, spontaneamente, la classica domanda “Ma com’è possibile…?”.
Eppure è possibile e noi leggiamo la storia della protagonista 13enne, Lia Urovitz, figlia di ebrei italiani, che vive a Roma con papà Daniele, mamma Giuditta, nonna Myriam, il fratello maggiore Tommaso e il fratellino di 5 anni Chalom, sapendo che il periodo in cui è collocata questa piccola storia è uno dei più orrendi della grande Storia.
Lia è una ragazzina dolce, sensibile, intelligente, grande osservatrice, molto riflessiva, paziente, desiderosa di imparare tante cose, e soprattutto a contraddistinguerla è la sua irrefrenabile e commovente voglia di vivere.
Lia incarna la frase semplice ma terribilmente vera: “La vita è meravigliosa”… e tutti hanno il diritto di viverla, con dignità, cercando di realizzare i propri sogni.
E Lia ha gli stessi sogni delle sue coetanee…, ma il momento storico in cui sta vivendo non le sta dando la libertà di credere che questi sogni potrà certamente realizzarli.
La guerra sta costringendo gli Urovitz a nascondersi dalla ferocia dei fascisti di Mussolini che hanno cominciato a cercare gli ebrei per arrestarli e togliere loro tutto.
Grazie alla gentilezza di tanti amici di famiglia, Lia e la sua famiglia riusciranno a nascondersi per diversi anni, vivendo ora in una cantina, ora in una soffitta…
La vita da segregati in casa è difficile e la prima parte del romanzo si focalizza su quanto sia complesso gestire i rapporti familiari se si è costretti a stare gomito a gomito 24 ore su 24, mangiando sempre le stesse cose (quel poco che c’è…), non sapendo cosa inventarsi per far passare le giornate…
Il nervosismo e il senso di oppressione sono palpabili tra le quattro mura e, nonostante l’affetto che unisce i membri della famiglia, comunicare e andare d’accordo può diventare problematico, in particolare perché i grandi – troppo preoccupati dal conflitto in corso, dalle leggi razziali e dalle loro conseguenze – non hanno molta voglia di ascoltare i propri figli adolescenti, con i loro sospiri, le loro “paturnie”, la voglia di parlare, sognare, esprimere desideri, sentimenti…
L’Autrice punta i riflettori sulle dinamiche familiari che attraversano gli Urovitz, dandoci il punto di vista di Lia (la narrazione è sempre in terza persona), la quale vorrebbe in tutti i modi essere libera di poter condividere sentimenti, pensieri, passioni, paure…, ma si ritrova a fronteggiare dei muri troppo alti….
Il muro di Giuditta, una mamma apprensiva e troppo nervosa, agitata, piena di paura per sé e i propri figli, che non riesce ad andare verso la figlia, finendo per scontrarsi con lei spesso.
Il muro di un altrettanto preoccupato Daniele, un uomo sempre attivo ed energico, obbligato all’immobilità; il muro di Tommaso, innamorato della sua Mea e di cattivo umore al pensiero di restare separato da lei per chissà quanto tempo ancora…
A offrire a Lia la possibilità di sfogarsi e raccontarsi sarà Hadas, un adolescente ebreo con cui la ragazzina avrà modo di corrispondere tramite lettera, durante il periodo nei nascondigli, e che permetterà ad entrambi di aprirsi e condividere confidenze e segreti tipici dell’età; uno spiraglio di normalità, di luce, in un momento connotato soltanto da paure a ansietà.
Il rapporto tra i due ragazzi avrà modo di crescere e rafforzarsi, soprattutto quando la fuga dai nazifascisti e l’aggravarsi delle condizioni degli ebrei li faranno incontrare, condividendo parte di un comune destino.
Ma al fianco di Lia, a darle conforto ed incoraggiamento, prima di Hadas ci sarà nonna Myriam, l’unica in famiglia che sembra comprendere la nipotina e da lei Lia imparerà una cosa fondamentale: la speranza, l’amore per la vita nonostante il periodo buio, il continuare a credere nella capacità dell’uomo di migliorare dentro, di costruire un futuro migliore.
Un futuro in cui non ci sono più bombe che illuminano il cielo e distruggono case, spazzano via sogni e vite umane; in cui un uomo non è costretto a fuggire terrorizzato e nascondersi perché è ebreo…; un mondo in cui non ci sono più differenze e discriminazioni di sesso, razza, religione, ideologia politica ecc…; in cui a una bambina di 13 anni è riconosciuto il diritto di immaginarsi adulta, felice, con un lavoro che le piace, forse con una famiglia sua.
Un mondo in cui gruppi di persone di tutte le età e provenienti da varie parti del mondo non sono costrette a guardare la crudeltà e la morte in faccia ogni giorno, crudeltà dipinta sul viso di uomini come loro, ma che hanno accettato di vendere la propria anima e la propria coscienza in nome di ideologie spietate, insensate, folli, che faranno tanto male a milioni di esseri umani indifesi, che guarderanno spaventati, smarriti, stupiti… le conseguenze di questa insensatezza, di questa follia, e ad essa non potranno neppure reagire.
Un mondo in cui nessuno crea CAMPI DI STERMINIO, FORNI CREMATORI, CAMERE A GAS; in cui un uomo non si diverte ad umiliare, picchiare, terrorizzare, sputare, insultare creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio.
Un mondo in cui a nessun uomo e nessuna donna viene rubata la propria identità, il proprio nome in cambio di una squallida serie numerica; in cui quell’uomo e quella donna conservano la propria dignità e non sono costretti, a suon di calci e sputi, a spogliarsi di tutto e ad esporsi agli scherni di uomini che ormai sono diventati delle bestie…, a delirare per un pezzo di pane al giorno, a vedere le proprio costole che escono dalla pelle perché le malattie, la stanchezza (a causa di lavoro pesantissimi a condizioni e orari inumani), la denutrizione sono esasperanti e inimmaginabili.
Un mondo in cui l’uomo non è lupo per l’altro uomo, bensì gli è fratello e amico, in cui invece di calci e bastonate, si donano sorrisi e mani aperte per aiutare, in cui al posto di urla e ingiurie atroci, si sussurrano gentilezze, e le uniche urla sono quelle dei bambini che giocano in cortile.
Insomma, un mondo che Lia sogna e continua a sognare con fiducia e speranza…, guardando oltre le mura di una cantina, agognando di poter guardare almeno un angolo di cielo, quel cielo azzurro con le nuvole o blu scuro illuminato dalle stelle, un cielo infinito che la rassicura e le suggerisce di non perdere mai la speranza, la voglia di vivere, ma di custodirla nel proprio cuore.
A qualunque prezzo e ovunque si trovi.
Vorrei potervi dire che la nostra giovane protagonista non conoscerà la crudeltà della vita nel campo di concentramento…
Ma questa non è una storia che deve a tutti i costi finire come vorremmo, perché è una storia che – per quanto abbia personaggi inventati – è fin troppo realistica, e la realtà non sempre ci viene incontro.
Siamo davanti ad un romanzo che è come un grande quadro, dipinto con colori scuri, tristi, perché oscura e triste è la guerra, è il cuore dell’uomo cieco e folle, è l’animo di chi si vede privato dei diritti fondamentali che fanno di un individuo un ESSERE UMANO.
Ma attenzione, non fatevi distrarre dai colori scuri che predominano in questa storia…; se guardate bene, vedrete come me due stelle che brillano in questo mare di paura, morte, odio: sono gli occhi di persone come Lia, che hanno continuato a credere, pregare, sperare, amare, sognare, combattere, incoraggiare, resistere: gli occhi di chi non ha smesso di seguire il volo di un uccellino che, libero, svolazza nell’infinito cielo azzurro.
Quel cielo che continuava ad essere sopra di lei nonostante attorno ci fosse solo filo spinato, e che le ricordava che la vita è bella e non va sprecata, ma va afferrata con forza per poi essere vissuta appieno, non solo per se stessi, ma per tutti coloro che non sono sopravvissuti a una delle più grandi atrocità che la Storia ricordi.
Vi invito a leggerlo, ovviamente, perché è molto bello; anzitutto, è scritto molto bene, accurato nel linguaggio come nella contestualizzazione storico-sociale; i personaggi – da Lia ai familiari – ci vengono presentati con chiarezza, tanto da ritrovarsi immersi nella loro vita come se stessimo con loro; in particolare, simpatizziamo con la piccola Lia, che ci commuove e intenerisce per la sua forza interiore, la sua determinazione e voglia di andare avanti.
Realistiche sono le dinamiche familiari affrontate, come lo è anche il complesso mondo interiore degli adolescenti; il ritmo non è frenetico e l’Autrice non ha fretta di metterci davanti l’evolversi della situazione in modo freddo, ma lo fa trattenendoci, soffermandoci sui dettagli, i particolari, le singole parole, i pensieri… così come Lia li avverte, per poi catapultarci, improvvisamente, nell’inferno del lager, come di certo si son sentite le persone prese e portate vie: catapultate, travolte, “sbattute” violentemente, senza possibilità di ribellarsi, prima che fosse dato loro il tempo di capire.
È il secondo romanzo che leggo di Sofia Domino e non posso che apprezzarne lo stile di scrittura, gli argomenti trattati (in “Come lacrime nella pioggia” ha trattato quello della privazione dei diritti delle donne indiane), la forza interiore dei personaggi principali, la cura nei dettagli, la fluidità nella narrazione che non perde mai interesse e ritmo.
VAI ALLA RECENSIONE:
http://chicchidipensieri.blogspot.it/...
RECENSIONE:
È sempre complicato per me parlare di romanzi che mi hanno toccata nel profondo.
Ma allo stesso tempo, mi piace farlo…, e per la stessa ragione!
L’argomento “Shoah”, “campi di concentramento” (e a tutta la storia in generale) ecc… mi ha sempre molto coinvolta sin da bambina, e il mio primo approccio ad esso è partito dal Diario di Anna Frank e da allora non è più terminato.
Qualche mese fa ho recensito il libro di Rebecca “La mia amica ebrea”, incentrato sul bellissimo rapporto d’amicizia tra una ragazzina tedesca e una ebrea, che hanno imparato a buttar giù il muro di pregiudizi che le divideva per donare a loro stesse la gioia di un affetto sincero e puro, che ha brillato come un faro nelle tenebre di una guerra che porta con sé solo e sempre odio, morte, distruzione.
In “Quando dal cielo cadevano le stelle” a brillare sono le bombe di una guerra interminabile, sfiancante, estenuante, che ha provocato milioni di vittime e che ha gettato un’onta indicibile sull’UOMO (in senso antropologico), ricordando (e dico ricordando perché purtroppo la Storia, in ogni epoca e luogo, è sempre stata costellata da atti di meschinità e bassezza, di crudeltà ed ingiustizia, che sembrano sempre più grandi e numerosi rispetto agli atti di eroismo e sacrificio, che pur non sono mai mancati, proprio in frangenti come quelli) quanto esso sia maledettamente capace di mettere in atto progetti infimi e malvagi nei confronti dei propri simili, tanto da far scaturire, spontaneamente, la classica domanda “Ma com’è possibile…?”.
Eppure è possibile e noi leggiamo la storia della protagonista 13enne, Lia Urovitz, figlia di ebrei italiani, che vive a Roma con papà Daniele, mamma Giuditta, nonna Myriam, il fratello maggiore Tommaso e il fratellino di 5 anni Chalom, sapendo che il periodo in cui è collocata questa piccola storia è uno dei più orrendi della grande Storia.
Lia è una ragazzina dolce, sensibile, intelligente, grande osservatrice, molto riflessiva, paziente, desiderosa di imparare tante cose, e soprattutto a contraddistinguerla è la sua irrefrenabile e commovente voglia di vivere.
Lia incarna la frase semplice ma terribilmente vera: “La vita è meravigliosa”… e tutti hanno il diritto di viverla, con dignità, cercando di realizzare i propri sogni.
E Lia ha gli stessi sogni delle sue coetanee…, ma il momento storico in cui sta vivendo non le sta dando la libertà di credere che questi sogni potrà certamente realizzarli.
La guerra sta costringendo gli Urovitz a nascondersi dalla ferocia dei fascisti di Mussolini che hanno cominciato a cercare gli ebrei per arrestarli e togliere loro tutto.
Grazie alla gentilezza di tanti amici di famiglia, Lia e la sua famiglia riusciranno a nascondersi per diversi anni, vivendo ora in una cantina, ora in una soffitta…
La vita da segregati in casa è difficile e la prima parte del romanzo si focalizza su quanto sia complesso gestire i rapporti familiari se si è costretti a stare gomito a gomito 24 ore su 24, mangiando sempre le stesse cose (quel poco che c’è…), non sapendo cosa inventarsi per far passare le giornate…
Il nervosismo e il senso di oppressione sono palpabili tra le quattro mura e, nonostante l’affetto che unisce i membri della famiglia, comunicare e andare d’accordo può diventare problematico, in particolare perché i grandi – troppo preoccupati dal conflitto in corso, dalle leggi razziali e dalle loro conseguenze – non hanno molta voglia di ascoltare i propri figli adolescenti, con i loro sospiri, le loro “paturnie”, la voglia di parlare, sognare, esprimere desideri, sentimenti…
L’Autrice punta i riflettori sulle dinamiche familiari che attraversano gli Urovitz, dandoci il punto di vista di Lia (la narrazione è sempre in terza persona), la quale vorrebbe in tutti i modi essere libera di poter condividere sentimenti, pensieri, passioni, paure…, ma si ritrova a fronteggiare dei muri troppo alti….
Il muro di Giuditta, una mamma apprensiva e troppo nervosa, agitata, piena di paura per sé e i propri figli, che non riesce ad andare verso la figlia, finendo per scontrarsi con lei spesso.
Il muro di un altrettanto preoccupato Daniele, un uomo sempre attivo ed energico, obbligato all’immobilità; il muro di Tommaso, innamorato della sua Mea e di cattivo umore al pensiero di restare separato da lei per chissà quanto tempo ancora…
A offrire a Lia la possibilità di sfogarsi e raccontarsi sarà Hadas, un adolescente ebreo con cui la ragazzina avrà modo di corrispondere tramite lettera, durante il periodo nei nascondigli, e che permetterà ad entrambi di aprirsi e condividere confidenze e segreti tipici dell’età; uno spiraglio di normalità, di luce, in un momento connotato soltanto da paure a ansietà.
Il rapporto tra i due ragazzi avrà modo di crescere e rafforzarsi, soprattutto quando la fuga dai nazifascisti e l’aggravarsi delle condizioni degli ebrei li faranno incontrare, condividendo parte di un comune destino.
Ma al fianco di Lia, a darle conforto ed incoraggiamento, prima di Hadas ci sarà nonna Myriam, l’unica in famiglia che sembra comprendere la nipotina e da lei Lia imparerà una cosa fondamentale: la speranza, l’amore per la vita nonostante il periodo buio, il continuare a credere nella capacità dell’uomo di migliorare dentro, di costruire un futuro migliore.
Un futuro in cui non ci sono più bombe che illuminano il cielo e distruggono case, spazzano via sogni e vite umane; in cui un uomo non è costretto a fuggire terrorizzato e nascondersi perché è ebreo…; un mondo in cui non ci sono più differenze e discriminazioni di sesso, razza, religione, ideologia politica ecc…; in cui a una bambina di 13 anni è riconosciuto il diritto di immaginarsi adulta, felice, con un lavoro che le piace, forse con una famiglia sua.
Un mondo in cui gruppi di persone di tutte le età e provenienti da varie parti del mondo non sono costrette a guardare la crudeltà e la morte in faccia ogni giorno, crudeltà dipinta sul viso di uomini come loro, ma che hanno accettato di vendere la propria anima e la propria coscienza in nome di ideologie spietate, insensate, folli, che faranno tanto male a milioni di esseri umani indifesi, che guarderanno spaventati, smarriti, stupiti… le conseguenze di questa insensatezza, di questa follia, e ad essa non potranno neppure reagire.
Un mondo in cui nessuno crea CAMPI DI STERMINIO, FORNI CREMATORI, CAMERE A GAS; in cui un uomo non si diverte ad umiliare, picchiare, terrorizzare, sputare, insultare creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio.
Un mondo in cui a nessun uomo e nessuna donna viene rubata la propria identità, il proprio nome in cambio di una squallida serie numerica; in cui quell’uomo e quella donna conservano la propria dignità e non sono costretti, a suon di calci e sputi, a spogliarsi di tutto e ad esporsi agli scherni di uomini che ormai sono diventati delle bestie…, a delirare per un pezzo di pane al giorno, a vedere le proprio costole che escono dalla pelle perché le malattie, la stanchezza (a causa di lavoro pesantissimi a condizioni e orari inumani), la denutrizione sono esasperanti e inimmaginabili.
Un mondo in cui l’uomo non è lupo per l’altro uomo, bensì gli è fratello e amico, in cui invece di calci e bastonate, si donano sorrisi e mani aperte per aiutare, in cui al posto di urla e ingiurie atroci, si sussurrano gentilezze, e le uniche urla sono quelle dei bambini che giocano in cortile.
Insomma, un mondo che Lia sogna e continua a sognare con fiducia e speranza…, guardando oltre le mura di una cantina, agognando di poter guardare almeno un angolo di cielo, quel cielo azzurro con le nuvole o blu scuro illuminato dalle stelle, un cielo infinito che la rassicura e le suggerisce di non perdere mai la speranza, la voglia di vivere, ma di custodirla nel proprio cuore.
A qualunque prezzo e ovunque si trovi.
Vorrei potervi dire che la nostra giovane protagonista non conoscerà la crudeltà della vita nel campo di concentramento…
Ma questa non è una storia che deve a tutti i costi finire come vorremmo, perché è una storia che – per quanto abbia personaggi inventati – è fin troppo realistica, e la realtà non sempre ci viene incontro.
Siamo davanti ad un romanzo che è come un grande quadro, dipinto con colori scuri, tristi, perché oscura e triste è la guerra, è il cuore dell’uomo cieco e folle, è l’animo di chi si vede privato dei diritti fondamentali che fanno di un individuo un ESSERE UMANO.
Ma attenzione, non fatevi distrarre dai colori scuri che predominano in questa storia…; se guardate bene, vedrete come me due stelle che brillano in questo mare di paura, morte, odio: sono gli occhi di persone come Lia, che hanno continuato a credere, pregare, sperare, amare, sognare, combattere, incoraggiare, resistere: gli occhi di chi non ha smesso di seguire il volo di un uccellino che, libero, svolazza nell’infinito cielo azzurro.
Quel cielo che continuava ad essere sopra di lei nonostante attorno ci fosse solo filo spinato, e che le ricordava che la vita è bella e non va sprecata, ma va afferrata con forza per poi essere vissuta appieno, non solo per se stessi, ma per tutti coloro che non sono sopravvissuti a una delle più grandi atrocità che la Storia ricordi.
Vi invito a leggerlo, ovviamente, perché è molto bello; anzitutto, è scritto molto bene, accurato nel linguaggio come nella contestualizzazione storico-sociale; i personaggi – da Lia ai familiari – ci vengono presentati con chiarezza, tanto da ritrovarsi immersi nella loro vita come se stessimo con loro; in particolare, simpatizziamo con la piccola Lia, che ci commuove e intenerisce per la sua forza interiore, la sua determinazione e voglia di andare avanti.
Realistiche sono le dinamiche familiari affrontate, come lo è anche il complesso mondo interiore degli adolescenti; il ritmo non è frenetico e l’Autrice non ha fretta di metterci davanti l’evolversi della situazione in modo freddo, ma lo fa trattenendoci, soffermandoci sui dettagli, i particolari, le singole parole, i pensieri… così come Lia li avverte, per poi catapultarci, improvvisamente, nell’inferno del lager, come di certo si son sentite le persone prese e portate vie: catapultate, travolte, “sbattute” violentemente, senza possibilità di ribellarsi, prima che fosse dato loro il tempo di capire.
È il secondo romanzo che leggo di Sofia Domino e non posso che apprezzarne lo stile di scrittura, gli argomenti trattati (in “Come lacrime nella pioggia” ha trattato quello della privazione dei diritti delle donne indiane), la forza interiore dei personaggi principali, la cura nei dettagli, la fluidità nella narrazione che non perde mai interesse e ritmo.
"QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE" NUOVA RECENSIONE SU "WELCOME TO THE CITY OF BONES"!
Firmata da Jaqueline, e pubblicata sul blog "Welcome to the city of bones", ecco una nuova recensione del mio romanzo d'esordio "Quando dal cielo cadevano le stelle"!
VOTO: 4/5
VAI ALLA RECENSIONE:
http://welcome--to--the--city--of--bo...
RECENSIONE:
"Quanto era lontana la libertà? Forse non molto, ma lei non poteva farne parte".
Lia è una ragazzina ebrea. Lei ha la passione per la vita ed è piena di speranze. Riesce sempre a vedere il lato positivo delle cose anche quando queste a volte volgono al peggio. Ma lei sa benissimo che là fuori -fuori dalla cantina in cui è segregata con la sua famiglia- la vita è meravigliosa. Da anni ormai vive lì dentro per sfuggire alle persecuzioni razziali. Ma un giorno lei e la sua famiglia sono costretti ad andarsene, riuscendo a trovare un altro nascondiglio temporaneo. Fino a quando una famiglia cristiana decide di ospitarli nella loro soffitta. Nella soffitta vive già una famiglia di ebrei di cui fa anche parte Hadas, il ragazzino con il quale Lia ha avuto una corrispondenza. I due finalmente, dopo tante lettere scritte, si conosceranno. Ma ben presto le due famiglie sono costrette a cambiare nascondiglio, trovando rifugio in un monastero. Ma le cose si mettono male quando i tedeschi iniziano a sparare per le strade di Roma in cerca degli ebrei. La famiglia di Lia e quella di Hadas verranno scoperte e deportate nel campo di Auschwitz.
Là dove tutti perdono il loro nome, la loro dignità.
"Certo quella cantina era claustrofobica, da tre anni viveva nel solto posto, ma non si era dimenticata che fuori c'era il mondo e non avrebbe permesso alla guerra di distruggere la sua vita. Oltre la guerra c'era il destino e nel passato, nel presente e nel futuro c'era la vita. E lei voleva disperatamente farne parte".
Dovete leggerlo. Fa venire i brividi.
Fa venire i brividi per la sua verità, è un libro straziante. Lia stanca di tutto, non si sentirà mai a casa e avrà gigantesca fame di vita. La guerra non concede nulla. Non concede di vivere davvero.
Le persecuzioni, gli stermini, la fame, i lavori disumani a cui venivano sottoposti gli ebrei, il freddo, le umiliazioni non faranno mai perdere la speranza a Lia. Lei guarderà il cielo ogni volta che penserà di non farcela. E ogni volta che lo guarderà si renderà conto che la vita è bellissima dietro quel filo spinato che la rende schiava. Lia continuerà a sperare nella fine della guerra, nella fine del dolore fino alla fine. Lei vivrà per i suoi cari che non ce l'hanno fatta. E anche se forse Lia non riuscirà a veder finire la guerra, è felice perchè magari qualcun'altro potrà farlo al posto suo.
"Comunque sono certa di cos'altro vorrò fare dopo la guerra: vorrò vivere".
Straziante ma davvero molto bello. Un libro per non dimenticare.
"Nonna"
"Cosa?" corrugò la fronte quest'ultima.
"Non credi che le stelle siano fatte per stare in cielo e non sui vestiti?" le chiese Chalom.
VOTO: 4/5
VAI ALLA RECENSIONE:
http://welcome--to--the--city--of--bo...
RECENSIONE:
"Quanto era lontana la libertà? Forse non molto, ma lei non poteva farne parte".
Lia è una ragazzina ebrea. Lei ha la passione per la vita ed è piena di speranze. Riesce sempre a vedere il lato positivo delle cose anche quando queste a volte volgono al peggio. Ma lei sa benissimo che là fuori -fuori dalla cantina in cui è segregata con la sua famiglia- la vita è meravigliosa. Da anni ormai vive lì dentro per sfuggire alle persecuzioni razziali. Ma un giorno lei e la sua famiglia sono costretti ad andarsene, riuscendo a trovare un altro nascondiglio temporaneo. Fino a quando una famiglia cristiana decide di ospitarli nella loro soffitta. Nella soffitta vive già una famiglia di ebrei di cui fa anche parte Hadas, il ragazzino con il quale Lia ha avuto una corrispondenza. I due finalmente, dopo tante lettere scritte, si conosceranno. Ma ben presto le due famiglie sono costrette a cambiare nascondiglio, trovando rifugio in un monastero. Ma le cose si mettono male quando i tedeschi iniziano a sparare per le strade di Roma in cerca degli ebrei. La famiglia di Lia e quella di Hadas verranno scoperte e deportate nel campo di Auschwitz.
Là dove tutti perdono il loro nome, la loro dignità.
"Certo quella cantina era claustrofobica, da tre anni viveva nel solto posto, ma non si era dimenticata che fuori c'era il mondo e non avrebbe permesso alla guerra di distruggere la sua vita. Oltre la guerra c'era il destino e nel passato, nel presente e nel futuro c'era la vita. E lei voleva disperatamente farne parte".
Dovete leggerlo. Fa venire i brividi.
Fa venire i brividi per la sua verità, è un libro straziante. Lia stanca di tutto, non si sentirà mai a casa e avrà gigantesca fame di vita. La guerra non concede nulla. Non concede di vivere davvero.
Le persecuzioni, gli stermini, la fame, i lavori disumani a cui venivano sottoposti gli ebrei, il freddo, le umiliazioni non faranno mai perdere la speranza a Lia. Lei guarderà il cielo ogni volta che penserà di non farcela. E ogni volta che lo guarderà si renderà conto che la vita è bellissima dietro quel filo spinato che la rende schiava. Lia continuerà a sperare nella fine della guerra, nella fine del dolore fino alla fine. Lei vivrà per i suoi cari che non ce l'hanno fatta. E anche se forse Lia non riuscirà a veder finire la guerra, è felice perchè magari qualcun'altro potrà farlo al posto suo.
"Comunque sono certa di cos'altro vorrò fare dopo la guerra: vorrò vivere".
Straziante ma davvero molto bello. Un libro per non dimenticare.
"Nonna"
"Cosa?" corrugò la fronte quest'ultima.
"Non credi che le stelle siano fatte per stare in cielo e non sui vestiti?" le chiese Chalom.
"QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE" RECENSIONE SUL SITO DI ELEONORA CASTELLANO!
Ringrazio Eleonora Castellano per aver firmato una nuova recensione del mio romanzo, pubblicandola sul suo sito.
VAI ALLA RECENSIONE:
http://www.eleonoracastellano.com/ind...
RECENSIONE:
“Quando dal cielo cadevano le stelle” (2014, pp 496) è un titolo che a me ha fatto pensare, di primo acchito, le stelle cadenti di mezzo agosto e, di conseguenza, i desideri nascosti che prendono forma nella mente di coloro che assistono allo spettacolo notturno. Invece... Invece. Le stelle a cui l'autrice, la giovane Sofia Domino, fa riferimento sono le stelle di David ricamate, per così dire, sulle casacche a righe destinate agli ebrei deportati nei campi di concentramento.
Quando dal cielo non cadranno più le stelle sulle divise sdrucide degli ebrei, quando sulla volta celeste tornerà a brillare la luna piena per tutti e il mondo non sarà più un inferno, allora la vita si manifesterà per quel che è: meravigliosa. Di questo è fermamente convinta Lia, la giovanissima protagonista ebrea di un romanzo/saggio, ed è questa certezza che la sorregge anche nei momenti più terribili e disumani della sua esistenza. Lia lotta e sopporta, si schiaccia sotto il peso delle torture e dell'umiliazione più bieca, ma si rialza sempre, fino alla fine, desiderosa di vivere, sognare, amare.
Il romanzo ha una mole piuttosto imponente eppure non stanca. Le prime cento, centocinquanta pagine seguono un ritmo lento, ci mostrano la vita disagiata e piena di sacrifici nei vari nascondigli a Roma (la cantina, il ripostiglio, la soffitta, il monastero) e a tratti il racconto sembra monotono. Si tratta solo di una strategia per indurre il lettore alla consapevolezza di ciò che una vita così monca può suscitare. Gli eventi cominciano poi a susseguirsi con un ritmo sempre più incalzante: il 16 ottobre 1943 la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo e Lia e la sua famiglia vengono deportate. Ci ritroviamo al centro degli orrori, di Auschwitz e di altri lager.
In passato ho letto altri racconti sul tema dell'olocausto, ho visto documentari agghiaccianti e ascoltato le storie dalla diretta testimonianza di sopravvissuti a tale barbarie. Eppure, il romanzo di Sofia Domino mi ha letteralmente raggelata, nonostante fosse estate inoltrata. Conoscere certi particolari raccapriccianti attraverso la narrazione di vicende che riguardano personaggi a cui ci si è man mano affezionati (e che si sa benissimo: rappresentano persone realmente esistite) ha un impatto violentissimo sulla psiche.
Nei giorni in cui mi sono cimentata in questa lettura così dolorosa, mi sono sorpresa a domandarmi con rabbia come sia possibile che milioni di tedeschi siano arrivati a nutrire un tale odio antisemita e alcune migliaia di essi a perpetrare torture al di sopra di ogni immaginazione, anche sui bambini, sui neonati, sulle donne incinte, sui gemelli. Come è possibile?? Ho letto da varie fonti le diverse motivazioni, di ordine religioso, politico, culturale, psicologico. Non basta. Non posso accettare questo orrore e mi chiedo come abbiano fatto i tedeschi a operare una così eclatante rimozione collettiva. Addirittura alcuni sono arrivati al negazionismo: lo Shoah non è esistito! Quella cattiveria e la disumanità dei massacri sono solo frutto dell'immaginazione!...
C'è ancora molta cattiveria in giro per il mondo: continuiamo ad assistere impotenti a stermini, decapitazioni e torture. Quando finirà tutto questo?
Il romanzo di Sofia è ricco di Storia, di dettagli e di verità. Di odio e di amore. Di sofferenza, perdono e umiltà. Il lettore attento soffre, medita, s'interroga. Si tratta di una lettura che consiglierei vivamente a tutti, ma forse è giusto mettere in guardia: se non ve la sentite di leggere un romanzo così toccante, lasciate perdere.
VAI ALLA RECENSIONE:
http://www.eleonoracastellano.com/ind...
RECENSIONE:
“Quando dal cielo cadevano le stelle” (2014, pp 496) è un titolo che a me ha fatto pensare, di primo acchito, le stelle cadenti di mezzo agosto e, di conseguenza, i desideri nascosti che prendono forma nella mente di coloro che assistono allo spettacolo notturno. Invece... Invece. Le stelle a cui l'autrice, la giovane Sofia Domino, fa riferimento sono le stelle di David ricamate, per così dire, sulle casacche a righe destinate agli ebrei deportati nei campi di concentramento.
Quando dal cielo non cadranno più le stelle sulle divise sdrucide degli ebrei, quando sulla volta celeste tornerà a brillare la luna piena per tutti e il mondo non sarà più un inferno, allora la vita si manifesterà per quel che è: meravigliosa. Di questo è fermamente convinta Lia, la giovanissima protagonista ebrea di un romanzo/saggio, ed è questa certezza che la sorregge anche nei momenti più terribili e disumani della sua esistenza. Lia lotta e sopporta, si schiaccia sotto il peso delle torture e dell'umiliazione più bieca, ma si rialza sempre, fino alla fine, desiderosa di vivere, sognare, amare.
Il romanzo ha una mole piuttosto imponente eppure non stanca. Le prime cento, centocinquanta pagine seguono un ritmo lento, ci mostrano la vita disagiata e piena di sacrifici nei vari nascondigli a Roma (la cantina, il ripostiglio, la soffitta, il monastero) e a tratti il racconto sembra monotono. Si tratta solo di una strategia per indurre il lettore alla consapevolezza di ciò che una vita così monca può suscitare. Gli eventi cominciano poi a susseguirsi con un ritmo sempre più incalzante: il 16 ottobre 1943 la comunità ebraica del ghetto di Roma viene rastrellata dalla Gestapo e Lia e la sua famiglia vengono deportate. Ci ritroviamo al centro degli orrori, di Auschwitz e di altri lager.
In passato ho letto altri racconti sul tema dell'olocausto, ho visto documentari agghiaccianti e ascoltato le storie dalla diretta testimonianza di sopravvissuti a tale barbarie. Eppure, il romanzo di Sofia Domino mi ha letteralmente raggelata, nonostante fosse estate inoltrata. Conoscere certi particolari raccapriccianti attraverso la narrazione di vicende che riguardano personaggi a cui ci si è man mano affezionati (e che si sa benissimo: rappresentano persone realmente esistite) ha un impatto violentissimo sulla psiche.
Nei giorni in cui mi sono cimentata in questa lettura così dolorosa, mi sono sorpresa a domandarmi con rabbia come sia possibile che milioni di tedeschi siano arrivati a nutrire un tale odio antisemita e alcune migliaia di essi a perpetrare torture al di sopra di ogni immaginazione, anche sui bambini, sui neonati, sulle donne incinte, sui gemelli. Come è possibile?? Ho letto da varie fonti le diverse motivazioni, di ordine religioso, politico, culturale, psicologico. Non basta. Non posso accettare questo orrore e mi chiedo come abbiano fatto i tedeschi a operare una così eclatante rimozione collettiva. Addirittura alcuni sono arrivati al negazionismo: lo Shoah non è esistito! Quella cattiveria e la disumanità dei massacri sono solo frutto dell'immaginazione!...
C'è ancora molta cattiveria in giro per il mondo: continuiamo ad assistere impotenti a stermini, decapitazioni e torture. Quando finirà tutto questo?
Il romanzo di Sofia è ricco di Storia, di dettagli e di verità. Di odio e di amore. Di sofferenza, perdono e umiltà. Il lettore attento soffre, medita, s'interroga. Si tratta di una lettura che consiglierei vivamente a tutti, ma forse è giusto mettere in guardia: se non ve la sentite di leggere un romanzo così toccante, lasciate perdere.