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Luca
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Sep 22, 2019 08:15AM
sottoscrivo tutto al 100%
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Luca wrote: "sottoscrivo tutto al 100%"Grazie per il tuo intervento, Luca, e ben trovato! Cominciavo a temere che avessero "desertificato" anche Goodreads, e leggere che c'è ancora qualcuno non omologato e sensibile a certi argomenti mi rincuora. Ciao e alla prossima! Mauro.
Quando voglio leggere un buon libro in effetti cerco tra i "classici" che ancora non ho letto. Essendo sopravvissuti per decenni o perfino per secoli, hanno necessariamente qualcosa di speciale: credo sia la capacità di trasmettere sentimenti ed emozioni universali in modo coinvolgente e sublime, ma anche il fatto di avere diversi piani di lettura che li rendono diversi ogni volta che li si rilegge a seconda dell'età del lettore.
Laura wrote: "Quando voglio leggere un buon libro in effetti cerco tra i "classici" che ancora non ho letto. Essendo sopravvissuti per decenni o perfino per secoli, hanno necessariamente qualcosa di speciale: cr..."Bella questa tua immagine, Laura: "sublime"! Oggi, invece, al posto del sublime, non ci si vergogna più di nulla, pur di vendere. Sarà che i classici, invece, scrivevano soprattutto per dire qualcosa. Senza contare che tra loro c'erano degli scrittori veri, non dei semplici autori, come è ormai per quasi tutti i moderni. Parlerò della differenza fra scrittori e autori in uno dei prossimi articoli sulla narrativa. Grazie del tuo intervento, Laura!
Mi trovo d'accordo sulla riflessione fatta sul mercato del libro, ma bisogna ricordarsi che questo non è un fenomeno degli ultimi anni, anzi, trova radici dalla metà del 1800, quando, anche grazie all'invenzione di un nuovo metodo di stampa, gli scrittori iniziano a pubblicare a puntate i loro romanzi sulle riviste. Ovviamente non si deve pensare solo a Émile Zola o a Charles Dickens che con il tempo giustamente sono rimasti nella storia della letteratura, ma anche a tutti coloro che scrivevano (spesso male) solo ed esclusivamente per denaro. Insomma si ricade nella vecchia domanda "è giusto mercificare l'arte?", dove per arte si intende anche la letteratura ovviamente. Io lo vedo come un processo "naturale" al giorno d'oggi, come è naturale che si vadano a creare delle mode anche in ambito letterario: ci sono così tanti libri che vengono pubblicati (quasi?) ogni giorno, che le mode acquisiscono ruolo di filtro, di suggerimento.Non mi trovo invece d'accordo sulla frase 《dei tanti romanzetti pseudo-adolescenziali e pseudo-sentimentali destinati ad adulti che si rifiutano di crescere》. Sono dell'idea che chiunque possa e debba leggere quello che vuole quando vuole. L'adulto che legge YA potrebbe farlo per svago, per studio, per passione, non importa, riguarda lui e lui soltanto, perché sta utilizzando il suo personalissimo tempo. Ho nella libreria Guerra e pace - Anna Karenina, tutta Jane Austen e Victor Hugo, ma scelgo comunque di rileggermi per la centesima volta "Sette giorni a Piro Piro"? Si vede che mi va così, magari ne ho bisogno, magari la lettura non deve essere sempre impegnata, ma anche svago. È vero, certe letture aiutano a comprendere meglio il mondo rispetto ad altri, ma non possiamo pretendere che tutti leggano I Miserabili in fila alle Poste.
Sofia wrote: "Mi trovo d'accordo sulla riflessione fatta sul mercato del libro, ma bisogna ricordarsi che questo non è un fenomeno degli ultimi anni, anzi, trova radici dalla metà del 1800, quando, anche grazie ..."Certo che chiunque ha il diritto di svagarsi come crede, Sofia. Ci mancherebbe altro! Il problema è sacrificare opere meritevoli (non cercarle, non pubblicarle e non promuoverle) per dare invece visibilità ad opere prettamente commerciali e di scarsa qualità, spacciandole a volte per capolavori, al punto che, frastornato dalle sirene di certi marketing, oggi il lettore medio non è più in grado di distinguere un'opera valida da una mediocre, al di là del gusto personale. Confonde ciò che gli piace, o gli è stato fatto piacere, con ciò che è davvero valido. Ne parlerò in un prossimo articolo dedicato, dal titolo "Come riconoscere un libro di narrativa di qualità da uno mediocre". Grazie per il tuo intervento, Sofia!
Mauro wrote: "cercare di tornare al triangolo virtuoso, per il quale si scrivono, si pubblicano e si leggono i buoni libri, e si scartano quelli mediocri"[...]"È questo che influenza e limita ogni giorno la nostra libertà nella narrativa, cioè la possibilità di accedere alla sua forma più pura, ideale e incontaminata: come autori, sacrificare fantasia e originalità per compiacere gli editori, i lettori e il mercato nella speranza di chissà quale successo"[...]"prossimo articolo dedicato, dal titolo "Come riconoscere un libro di narrativa di qualità da uno mediocre"Giusto un paio di osservazioni, eh. Ma dall'alto di quale criterio ontologico si può pretendere di conferire la certificazione di qualità/mediocrità, e quindi pubblicabilità, ad un prodotto letterario (artistico, più in generale)?
E in quanto all'accusa di mercificazione (che si riassume col ben noto inno Art for Art's sake) dimentichiamoci pure, allora, che Shakespeare scriveva sostanzialmente per soldi (per campare, letteralmente) e che Virgilio ha scritto il suo capolavoro per propaganda politica.
Noloter wrote: "Mauro wrote: "cercare di tornare al triangolo virtuoso, per il quale si scrivono, si pubblicano e si leggono i buoni libri, e si scartano quelli mediocri"[...]"È questo che influenza e limita ogni ..."Non c'è nessun criterio ontologico, Noloter, e, ti assicuro, nessuna spocchia intellettuale da parte mia. C'è invece purtroppo da decenni una preoccupante deriva verso la mediocrità, il conformismo e la povertà di contenuti sia nella letteratura che nell'arte in generale, che nessuno ha più il coraggio di denunciare. E ci sono dei parametri oggettivi, uno soprattutto, in particolare, per stabilire la qualità di un'opera di narrativa, indipendentemente dal genere e dai gusti personali. Come ho detto ne parlerò in un prossimo articolo, non hai che da pazientare. Quanto a Virgilio e a Shakespeare, mi auguro che tu non voglia metterli sullo stesso piano dei contemporanei! Grazie per il tuo intervento, Noloter!
Non è mia intenzione accendere flame, eh, ecco perché di spocchia intellettuale non ho proprio fatto menzione; però una cosa non capisco, se non ci sono "criteri ontologici" non dovrebbero esserci nemmeno "parametri oggettivi" (che poi sono la stessa cosa), no? Ma, ripeto, non è per puro spirito polemico che intervengo. E' che trovo poco gradevole, diciamo così, avere la pretesa di dire agli altri che libri leggere, che musica ascoltare, che film guardare, che cosa pensare.Aspetterò il prossimo post, allora, magari sarà chiarificatore delle mie perplessità.
p.s. se Virgilio e Shakespeare possano o meno essere messi sullo stesso piano dei nostri contemporanei nessuno di noi sa dirlo adesso, magari ritroviamoci qui tra 5-6 secoli e vediamo chi è rimasto a fargli compagnia ;)
Noloter wrote: "Non è mia intenzione accendere flame, eh, ecco perché di spocchia intellettuale non ho proprio fatto menzione; però una cosa non capisco, se non ci sono "criteri ontologici" non dovrebbero esserci ..."Noloter, vedo che vuoi fare della filosofia, ma io sto parlando di cose concrete. E mi rendo conto che posso disturbare. È uno dei motivi per cui lo faccio. Il problema è proprio che dovunque ci si volti è pieno di megafoni che ti urlano che libri leggere, che musica ascoltare, che film guardare e che cosa pensare (e comprare), senza alcun vero criterio di merito. Non te ne accorgi? E la cosa triste è che la più parte della gente gli va dietro. Le rare voci che denunciano questo andazzo risultano, come me e come tu mi dici, "poco gradevoli". Ma se ti do fastidio, puoi sempre non leggermi. Quanto a Virgilio e a Shakespeare dubito che un giorno "Uomini che odiano le donne", per citarne uno, verrà ricordato alla stregua dell'Eneide o di Amleto. Ma certo, mi posso sbagliare.
Lo dico con molta franchezza, non c'è bisogno, alla prima osservazione in disaccordo, di mettere subito le mani avanti con la storia della voce scomoda che stoicamente porta avanti l'ingrata missione di aprire gli occhi e le orecchie sulla "verità" mettendosi contro tutto e tutti. Siamo seri. Per quanto mi riguarda continuerò a leggerti, e ad intervenire casomai, anche perché starsene solo tra quelli che la pensano alla stessa maniera e dicono "bravo bravo" (o a cui dire solo "bravo bravo", a seconda del ruolo) mi sembra alquanto onanistica come attività.Comunque sia, il mio non è "fare filosofia", anch'io sto parlando di qualcosa di parecchio concreto ma non devo essermi spiegato bene visto il bollino che ho prontamente ricevuto; certo non ne faccio una questione di semantica tra "criteri ontologici" (che dici non esistere) e "parametri oggettivi" (questi invece esisterebbero, a quanto mi lasci intendere), entrambe le espressioni lasciano supporre un approccio piuttosto paternalistico verso il pubblico lettore, e censorio verso il panorama letterario (o, più in generale, artistico-culturale), è questo che non condivido e che ho giudicato sgradevole. Ma, l'ho già detto, aspetto di leggere il tuo prossimo articolo che confido sarà chiarificatore in merito.
Che poi tutto attorno a noi sia un gran vociare di imbonitori che cercano di orientare il pubblico per un proprio tornaconto non è una scoperta clamorosa, lo sanno tutti. Vale per tutti, anche per gli editori che comprensibilmente devono pubblicizzarsi. E sappiamo anche questo. Che dire, poi, della critica alla tirannia delle mode che taglierebbero le gambe ad opere "meritevoli" per favorirne altre? Io dico che è storia vecchia visto che le "mode" ("correnti letterarie", chiamiamole così) sono sempre esistite; tanto che, per dirne una, guardacaso durante il Romanticismo quando andava tantissimo il revival medievale era tutto un pullulare di romanzi storici e racconti di fantasmi in antichi manieri.
p.s. Il mio riferimento a Virgilio e Shakespeare (lo preciso per evitare strumentalizzazioni) non era un'equiparazione ai nostri contemporanei ma era chiaramente un modo per evidenziare come arte e guadagno non siano necessariamente dicotomici, come scrittori immensi siano stati anche dei gran sfornatori di bestseller e come non ci sia nulla di sconveniente nel vedere la letteratura anche come merce. Dickens, Dumas, Tolstoj, cito solo questi tre, pubblicavano (sotto contratto, quindi obbligati) a puntate su giornali, roba che ora potrebbe far inorridire qualcuno, e Goldoni aveva una famiglia da mantenere e sopravviveva grazie ai teatri che compravano i suoi testi.
Noloter wrote: "Lo dico con molta franchezza, non c'è bisogno, alla prima osservazione in disaccordo, di mettere subito le mani avanti con la storia della voce scomoda che stoicamente porta avanti l'ingrata missio..."Okay, Noloter. Prendo atto che il mio approccio non ti piace. Grazie per il tuo intervento.



