Narrativa a libertà limitata

Narrativa a libertà limitata

Ciao a tutti! Rieccoci a parlare di libri di narrativa.

Nel mio intervento precedente di una settimana fa (se ve lo siete perso, cliccate qui), ho definito cosa sia la narrativa nella sua forma più pura, ideale e incontaminata: il pensiero scritto di un essere umano che racconta una storia ad altri esseri umani, in piena libertà e fantasia.

Oggi mi soffermo invece su ciò che limita la nostra libertà di lettori, autori ed editori di narrativa di accedere a questa sua forma più pura: il mercato attuale dell’editoria e la cosiddetta “filiera del libro”.

C’è una triade ben chiara, il triangolo virtuoso lettori-autori-editori, che tutti noi dovremmo avere sempre presente come traguardo ideale, come obiettivo a cui tendere, quando si parla di narrativa: il rapporto di rispetto e di reciproca collaborazione tra chi i libri li legge, li scrive e li fa.

Ma da decenni, ormai, sono arrivati altri. E questi altri hanno poco o nulla a che fare con la narrativa.

C’erano una volta i librai di fiducia, coloro che leggevano davvero i libri e sapevano indirizzare i clienti nel rispetto dei loro gusti verso questa o quella novità. Oggi sono quasi tutti spariti, loro con le loro librerie familiari, rimpiazzati da semplici commessi e librerie di catena, quando non da megastore on line, con grande soddisfazione degli strateghi dei marketing dei grandi gruppi editoriali.

In compenso, chi si è davvero affermato in editoria negli ultimi decenni, al posto del triangolo virtuoso di cui sopra, sono i distributori e i promotori, coloro che movimentano e pubblicizzano i libri. Costoro, che in termini economici, insieme alle librerie che riforniscono, possono arrivare a pesare anche il 65% del prezzo di copertina di un libro, sono i veri attori forti della filiera, in grado di influenzare, col loro strapotere, scelte e linee editoriali, a favore delle grandi case editrici, che non hanno mai problemi di visibilità nelle librerie, e a discapito di quelle piccole, che ne soffrono da sempre.

Lo so, molti di voi che mi leggete ora insorgeranno. E si diranno: “Sì, e allora? Cosa vuole da me questo qua? Con chi crede di parlare? Io sono del tutto libero: mi leggo i libri che scelgo, per pura soddisfazione e diletto, e non me ne frega niente del resto! Dove sta il problema?”.

Il problema sta nel fatto che, un po’ alla volta, e sempre di più negli ultimi decenni, si è fatto dei libri di narrativa una merce e un mercato qualsiasi, dove contano solo le vendite e le mode, a discapito della fantasia, della qualità e dell’originalità delle proposte.

Vi ricordate la saga di Twilight? Di colpo tutti quanti a parlare di vampiri! Per non parlare di Cinquanta sfumature di grigio, della trilogia di Millennium, del commissario Montalbano, dei tanti romanzetti pseudo-adolescenziali e pseudo-sentimentali destinati ad adulti che si rifiutano di crescere, e degli autori commerciali che ogni anno devono (e sottolineo devono) sfornare per forza un libro per contratto.

Perché è così che funziona. In Italia (ma anche altrove), nel Terzo Millennio, è molto più facile veder censurato un buon libro (o perché non lo si scopre, o perché non lo si pubblica, o perché non lo si promuove) di uno mediocre di un autore commerciale, che viene invece pubblicato e promosso, vende e a volte diventa addirittura un best seller.

È questo che influenza e limita ogni giorno la nostra libertà nella narrativa, cioè la possibilità di accedere alla sua forma più pura, ideale e incontaminata: come autori, sacrificare fantasia e originalità per compiacere gli editori, i lettori e il mercato nella speranza di chissà quale successo; come lettori, adeguarsi senza senso critico alle mode e alla mediocrità delle proposte; come editori, pubblicare allo scopo principale di vendere.

Cercherò di spiegare nei prossimi interventi come possiamo provare a difenderci da tutto questo, per riprenderci la nostra libertà e dignità di lettori, autori ed editori critici e indipendenti; per cercare di tornare al triangolo virtuoso, per il quale si scrivono, si pubblicano e si leggono i buoni libri, e si scartano quelli mediocri. Ma per oggi mi fermo qui e consegno queste considerazioni alla vostra riflessione.

Grazie per avermi letto e appuntamento a lunedì prossimo, 30 settembre, con un articolo dal titolo suggestivo: La tirannia della carta.

Un abbraccio e un saluto a tutti!

Mauro Anelli.

Pillola del giorno, a proposito di senso critico:

“Siamo tutti costantemente inferiori alle nostre migliori aspirazioni!”.
(Mauro Anelli, L’Ultimo Reality, Nuova Narrativa Italiana)

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message 1: by Luca (new)

Luca Cresta sottoscrivo tutto al 100%


message 2: by Mauro (new)

Mauro Anelli Luca wrote: "sottoscrivo tutto al 100%"
Grazie per il tuo intervento, Luca, e ben trovato! Cominciavo a temere che avessero "desertificato" anche Goodreads, e leggere che c'è ancora qualcuno non omologato e sensibile a certi argomenti mi rincuora. Ciao e alla prossima! Mauro.


message 3: by Laura (new)

Laura Corna Quando voglio leggere un buon libro in effetti cerco tra i "classici" che ancora non ho letto. Essendo sopravvissuti per decenni o perfino per secoli, hanno necessariamente qualcosa di speciale: credo sia la capacità di trasmettere sentimenti ed emozioni universali in modo coinvolgente e sublime, ma anche il fatto di avere diversi piani di lettura che li rendono diversi ogni volta che li si rilegge a seconda dell'età del lettore.


message 4: by Mauro (new)

Mauro Anelli Laura wrote: "Quando voglio leggere un buon libro in effetti cerco tra i "classici" che ancora non ho letto. Essendo sopravvissuti per decenni o perfino per secoli, hanno necessariamente qualcosa di speciale: cr..."
Bella questa tua immagine, Laura: "sublime"! Oggi, invece, al posto del sublime, non ci si vergogna più di nulla, pur di vendere. Sarà che i classici, invece, scrivevano soprattutto per dire qualcosa. Senza contare che tra loro c'erano degli scrittori veri, non dei semplici autori, come è ormai per quasi tutti i moderni. Parlerò della differenza fra scrittori e autori in uno dei prossimi articoli sulla narrativa. Grazie del tuo intervento, Laura!


message 5: by Sofia (new)

Sofia Mi trovo d'accordo sulla riflessione fatta sul mercato del libro, ma bisogna ricordarsi che questo non è un fenomeno degli ultimi anni, anzi, trova radici dalla metà del 1800, quando, anche grazie all'invenzione di un nuovo metodo di stampa, gli scrittori iniziano a pubblicare a puntate i loro romanzi sulle riviste. Ovviamente non si deve pensare solo a Émile Zola o a Charles Dickens che con il tempo giustamente sono rimasti nella storia della letteratura, ma anche a tutti coloro che scrivevano (spesso male) solo ed esclusivamente per denaro. Insomma si ricade nella vecchia domanda "è giusto mercificare l'arte?", dove per arte si intende anche la letteratura ovviamente. Io lo vedo come un processo "naturale" al giorno d'oggi, come è naturale che si vadano a creare delle mode anche in ambito letterario: ci sono così tanti libri che vengono pubblicati (quasi?) ogni giorno, che le mode acquisiscono ruolo di filtro, di suggerimento.
Non mi trovo invece d'accordo sulla frase 《dei tanti romanzetti pseudo-adolescenziali e pseudo-sentimentali destinati ad adulti che si rifiutano di crescere》. Sono dell'idea che chiunque possa e debba leggere quello che vuole quando vuole. L'adulto che legge YA potrebbe farlo per svago, per studio, per passione, non importa, riguarda lui e lui soltanto, perché sta utilizzando il suo personalissimo tempo. Ho nella libreria Guerra e pace - Anna Karenina, tutta Jane Austen e Victor Hugo, ma scelgo comunque di rileggermi per la centesima volta "Sette giorni a Piro Piro"? Si vede che mi va così, magari ne ho bisogno, magari la lettura non deve essere sempre impegnata, ma anche svago. È vero, certe letture aiutano a comprendere meglio il mondo rispetto ad altri, ma non possiamo pretendere che tutti leggano I Miserabili in fila alle Poste.


message 6: by Mauro (new)

Mauro Anelli Sofia wrote: "Mi trovo d'accordo sulla riflessione fatta sul mercato del libro, ma bisogna ricordarsi che questo non è un fenomeno degli ultimi anni, anzi, trova radici dalla metà del 1800, quando, anche grazie ..."
Certo che chiunque ha il diritto di svagarsi come crede, Sofia. Ci mancherebbe altro! Il problema è sacrificare opere meritevoli (non cercarle, non pubblicarle e non promuoverle) per dare invece visibilità ad opere prettamente commerciali e di scarsa qualità, spacciandole a volte per capolavori, al punto che, frastornato dalle sirene di certi marketing, oggi il lettore medio non è più in grado di distinguere un'opera valida da una mediocre, al di là del gusto personale. Confonde ciò che gli piace, o gli è stato fatto piacere, con ciò che è davvero valido. Ne parlerò in un prossimo articolo dedicato, dal titolo "Come riconoscere un libro di narrativa di qualità da uno mediocre". Grazie per il tuo intervento, Sofia!


message 7: by Noloter (new)

Noloter Mauro wrote: "cercare di tornare al triangolo virtuoso, per il quale si scrivono, si pubblicano e si leggono i buoni libri, e si scartano quelli mediocri"[...]"È questo che influenza e limita ogni giorno la nostra libertà nella narrativa, cioè la possibilità di accedere alla sua forma più pura, ideale e incontaminata: come autori, sacrificare fantasia e originalità per compiacere gli editori, i lettori e il mercato nella speranza di chissà quale successo"[...]"prossimo articolo dedicato, dal titolo "Come riconoscere un libro di narrativa di qualità da uno mediocre"

Giusto un paio di osservazioni, eh. Ma dall'alto di quale criterio ontologico si può pretendere di conferire la certificazione di qualità/mediocrità, e quindi pubblicabilità, ad un prodotto letterario (artistico, più in generale)?
E in quanto all'accusa di mercificazione (che si riassume col ben noto inno Art for Art's sake) dimentichiamoci pure, allora, che Shakespeare scriveva sostanzialmente per soldi (per campare, letteralmente) e che Virgilio ha scritto il suo capolavoro per propaganda politica.


message 8: by Mauro (new)

Mauro Anelli Noloter wrote: "Mauro wrote: "cercare di tornare al triangolo virtuoso, per il quale si scrivono, si pubblicano e si leggono i buoni libri, e si scartano quelli mediocri"[...]"È questo che influenza e limita ogni ..."
Non c'è nessun criterio ontologico, Noloter, e, ti assicuro, nessuna spocchia intellettuale da parte mia. C'è invece purtroppo da decenni una preoccupante deriva verso la mediocrità, il conformismo e la povertà di contenuti sia nella letteratura che nell'arte in generale, che nessuno ha più il coraggio di denunciare. E ci sono dei parametri oggettivi, uno soprattutto, in particolare, per stabilire la qualità di un'opera di narrativa, indipendentemente dal genere e dai gusti personali. Come ho detto ne parlerò in un prossimo articolo, non hai che da pazientare. Quanto a Virgilio e a Shakespeare, mi auguro che tu non voglia metterli sullo stesso piano dei contemporanei! Grazie per il tuo intervento, Noloter!


message 9: by Noloter (new)

Noloter Non è mia intenzione accendere flame, eh, ecco perché di spocchia intellettuale non ho proprio fatto menzione; però una cosa non capisco, se non ci sono "criteri ontologici" non dovrebbero esserci nemmeno "parametri oggettivi" (che poi sono la stessa cosa), no? Ma, ripeto, non è per puro spirito polemico che intervengo. E' che trovo poco gradevole, diciamo così, avere la pretesa di dire agli altri che libri leggere, che musica ascoltare, che film guardare, che cosa pensare.
Aspetterò il prossimo post, allora, magari sarà chiarificatore delle mie perplessità.
p.s. se Virgilio e Shakespeare possano o meno essere messi sullo stesso piano dei nostri contemporanei nessuno di noi sa dirlo adesso, magari ritroviamoci qui tra 5-6 secoli e vediamo chi è rimasto a fargli compagnia ;)


message 10: by Mauro (new)

Mauro Anelli Noloter wrote: "Non è mia intenzione accendere flame, eh, ecco perché di spocchia intellettuale non ho proprio fatto menzione; però una cosa non capisco, se non ci sono "criteri ontologici" non dovrebbero esserci ..."
Noloter, vedo che vuoi fare della filosofia, ma io sto parlando di cose concrete. E mi rendo conto che posso disturbare. È uno dei motivi per cui lo faccio. Il problema è proprio che dovunque ci si volti è pieno di megafoni che ti urlano che libri leggere, che musica ascoltare, che film guardare e che cosa pensare (e comprare), senza alcun vero criterio di merito. Non te ne accorgi? E la cosa triste è che la più parte della gente gli va dietro. Le rare voci che denunciano questo andazzo risultano, come me e come tu mi dici, "poco gradevoli". Ma se ti do fastidio, puoi sempre non leggermi. Quanto a Virgilio e a Shakespeare dubito che un giorno "Uomini che odiano le donne", per citarne uno, verrà ricordato alla stregua dell'Eneide o di Amleto. Ma certo, mi posso sbagliare.


message 11: by Noloter (new)

Noloter Lo dico con molta franchezza, non c'è bisogno, alla prima osservazione in disaccordo, di mettere subito le mani avanti con la storia della voce scomoda che stoicamente porta avanti l'ingrata missione di aprire gli occhi e le orecchie sulla "verità" mettendosi contro tutto e tutti. Siamo seri. Per quanto mi riguarda continuerò a leggerti, e ad intervenire casomai, anche perché starsene solo tra quelli che la pensano alla stessa maniera e dicono "bravo bravo" (o a cui dire solo "bravo bravo", a seconda del ruolo) mi sembra alquanto onanistica come attività.
Comunque sia, il mio non è "fare filosofia", anch'io sto parlando di qualcosa di parecchio concreto ma non devo essermi spiegato bene visto il bollino che ho prontamente ricevuto; certo non ne faccio una questione di semantica tra "criteri ontologici" (che dici non esistere) e "parametri oggettivi" (questi invece esisterebbero, a quanto mi lasci intendere), entrambe le espressioni lasciano supporre un approccio piuttosto paternalistico verso il pubblico lettore, e censorio verso il panorama letterario (o, più in generale, artistico-culturale), è questo che non condivido e che ho giudicato sgradevole. Ma, l'ho già detto, aspetto di leggere il tuo prossimo articolo che confido sarà chiarificatore in merito.
Che poi tutto attorno a noi sia un gran vociare di imbonitori che cercano di orientare il pubblico per un proprio tornaconto non è una scoperta clamorosa, lo sanno tutti. Vale per tutti, anche per gli editori che comprensibilmente devono pubblicizzarsi. E sappiamo anche questo. Che dire, poi, della critica alla tirannia delle mode che taglierebbero le gambe ad opere "meritevoli" per favorirne altre? Io dico che è storia vecchia visto che le "mode" ("correnti letterarie", chiamiamole così) sono sempre esistite; tanto che, per dirne una, guardacaso durante il Romanticismo quando andava tantissimo il revival medievale era tutto un pullulare di romanzi storici e racconti di fantasmi in antichi manieri.

p.s. Il mio riferimento a Virgilio e Shakespeare (lo preciso per evitare strumentalizzazioni) non era un'equiparazione ai nostri contemporanei ma era chiaramente un modo per evidenziare come arte e guadagno non siano necessariamente dicotomici, come scrittori immensi siano stati anche dei gran sfornatori di bestseller e come non ci sia nulla di sconveniente nel vedere la letteratura anche come merce. Dickens, Dumas, Tolstoj, cito solo questi tre, pubblicavano (sotto contratto, quindi obbligati) a puntate su giornali, roba che ora potrebbe far inorridire qualcuno, e Goldoni aveva una famiglia da mantenere e sopravviveva grazie ai teatri che compravano i suoi testi.


message 12: by Mauro (new)

Mauro Anelli Noloter wrote: "Lo dico con molta franchezza, non c'è bisogno, alla prima osservazione in disaccordo, di mettere subito le mani avanti con la storia della voce scomoda che stoicamente porta avanti l'ingrata missio..."
Okay, Noloter. Prendo atto che il mio approccio non ti piace. Grazie per il tuo intervento.


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Mauro Anelli

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