Mauro Anelli's Blog: Viaggio nella Narrativa - Posts Tagged "librerie-di-catena"

Narrativa a libertà limitata

Narrativa a libertà limitata

Ciao a tutti! Rieccoci a parlare di libri di narrativa.

Nel mio intervento precedente di una settimana fa (se ve lo siete perso, cliccate qui), ho definito cosa sia la narrativa nella sua forma più pura, ideale e incontaminata: il pensiero scritto di un essere umano che racconta una storia ad altri esseri umani, in piena libertà e fantasia.

Oggi mi soffermo invece su ciò che limita la nostra libertà di lettori, autori ed editori di narrativa di accedere a questa sua forma più pura: il mercato attuale dell’editoria e la cosiddetta “filiera del libro”.

C’è una triade ben chiara, il triangolo virtuoso lettori-autori-editori, che tutti noi dovremmo avere sempre presente come traguardo ideale, come obiettivo a cui tendere, quando si parla di narrativa: il rapporto di rispetto e di reciproca collaborazione tra chi i libri li legge, li scrive e li fa.

Ma da decenni, ormai, sono arrivati altri. E questi altri hanno poco o nulla a che fare con la narrativa.

C’erano una volta i librai di fiducia, coloro che leggevano davvero i libri e sapevano indirizzare i clienti nel rispetto dei loro gusti verso questa o quella novità. Oggi sono quasi tutti spariti, loro con le loro librerie familiari, rimpiazzati da semplici commessi e librerie di catena, quando non da megastore on line, con grande soddisfazione degli strateghi dei marketing dei grandi gruppi editoriali.

In compenso, chi si è davvero affermato in editoria negli ultimi decenni, al posto del triangolo virtuoso di cui sopra, sono i distributori e i promotori, coloro che movimentano e pubblicizzano i libri. Costoro, che in termini economici, insieme alle librerie che riforniscono, possono arrivare a pesare anche il 65% del prezzo di copertina di un libro, sono i veri attori forti della filiera, in grado di influenzare, col loro strapotere, scelte e linee editoriali, a favore delle grandi case editrici, che non hanno mai problemi di visibilità nelle librerie, e a discapito di quelle piccole, che ne soffrono da sempre.

Lo so, molti di voi che mi leggete ora insorgeranno. E si diranno: “Sì, e allora? Cosa vuole da me questo qua? Con chi crede di parlare? Io sono del tutto libero: mi leggo i libri che scelgo, per pura soddisfazione e diletto, e non me ne frega niente del resto! Dove sta il problema?”.

Il problema sta nel fatto che, un po’ alla volta, e sempre di più negli ultimi decenni, si è fatto dei libri di narrativa una merce e un mercato qualsiasi, dove contano solo le vendite e le mode, a discapito della fantasia, della qualità e dell’originalità delle proposte.

Vi ricordate la saga di Twilight? Di colpo tutti quanti a parlare di vampiri! Per non parlare di Cinquanta sfumature di grigio, della trilogia di Millennium, del commissario Montalbano, dei tanti romanzetti pseudo-adolescenziali e pseudo-sentimentali destinati ad adulti che si rifiutano di crescere, e degli autori commerciali che ogni anno devono (e sottolineo devono) sfornare per forza un libro per contratto.

Perché è così che funziona. In Italia (ma anche altrove), nel Terzo Millennio, è molto più facile veder censurato un buon libro (o perché non lo si scopre, o perché non lo si pubblica, o perché non lo si promuove) di uno mediocre di un autore commerciale, che viene invece pubblicato e promosso, vende e a volte diventa addirittura un best seller.

È questo che influenza e limita ogni giorno la nostra libertà nella narrativa, cioè la possibilità di accedere alla sua forma più pura, ideale e incontaminata: come autori, sacrificare fantasia e originalità per compiacere gli editori, i lettori e il mercato nella speranza di chissà quale successo; come lettori, adeguarsi senza senso critico alle mode e alla mediocrità delle proposte; come editori, pubblicare allo scopo principale di vendere.

Cercherò di spiegare nei prossimi interventi come possiamo provare a difenderci da tutto questo, per riprenderci la nostra libertà e dignità di lettori, autori ed editori critici e indipendenti; per cercare di tornare al triangolo virtuoso, per il quale si scrivono, si pubblicano e si leggono i buoni libri, e si scartano quelli mediocri. Ma per oggi mi fermo qui e consegno queste considerazioni alla vostra riflessione.

Grazie per avermi letto e appuntamento a lunedì prossimo, 30 settembre, con un articolo dal titolo suggestivo: La tirannia della carta.

Un abbraccio e un saluto a tutti!

Mauro Anelli.

Pillola del giorno, a proposito di senso critico:

“Siamo tutti costantemente inferiori alle nostre migliori aspirazioni!”.
(Mauro Anelli, L’Ultimo Reality, Nuova Narrativa Italiana)

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Piccole, medie e grandi case editrici italiane

Case editrici italiane

Ciao a tutti! Eccoci di nuovo a parlare di narrativa.

Oggi mi soffermerò in particolare sullo stato dell’editoria italiana, evidenziando cose che sono sotto gli occhi di tutti, ma che pochi vogliono vedere e di cui ancora meno amano discutere.

Cosa è successo all’editoria italiana negli ultimi dieci anni è presto detto: l’affermarsi del monopolio di pochi grandi gruppi editoriali, che sommati valgono oltre il 70 % del mercato, che controllano l’intera filiera del libro, e che dopo essersi “mangiati” le medie case editrici, oltre ad alcuni marchi storici non proprio medi, hanno cominciato a mangiarsi anche tra loro, come testimonia l'acquisizione di RCS Libri da parte di Mondadori.

Le piccole e medie case editrici restanti e ancora indipendenti, sparpagliate in una miriade d’iniziative diverse, combattono ogni giorno per la sopravvivenza a fronte di numeri e margini che dal 2008 a oggi si sono fatti sempre più risicati. Eppure, paradossalmente, sono proprio loro a garantire un minimo di varietà d’offerta, qualità e novità.

Intendiamoci su questo punto. I grandi gruppi editoriali italiani hanno fatto nel Novecento la storia letteraria del nostro paese, hanno contribuito ad affrancarlo dall’analfabetismo, e a far conoscere autori e opere validissimi, anche stranieri, che altrimenti in Italia sarebbero rimasti forse sconosciuti. E tutt’oggi continuano ancora a pubblicare molte opere valide.

Ma c’è poco da illudersi. Le cose, negli ultimi anni, sono molto cambiate. Gli editori di una volta, quelli che davvero ascoltavano i lettori e si confrontavano per mesi con gli autori, oggi non esistono più.

I grandi gruppi editoriali, oggi, vanno sul sicuro. Hanno bilanci pesanti da far quadrare, strutture articolate da mantenere, e per farlo invadono ogni mese le librerie con centinaia di titoli per lo più commerciali (tra cui molte ristampe), di autori e su argomenti e generi che tirano in quel momento. Ogni tanto ci scappa il best seller, di norma importato dall’estero come la maggior parte della produzione, specie se di narrativa, perché piuttosto che rischiare su qualche autore italiano, a parte i soliti noti, spesso personaggi televisivi, è meglio sobbarcarsi l’acquisto dei diritti e i costi di traduzione di libri che hanno già funzionato altrove. Tanto, poi, li pagano i lettori, sul prezzo di copertina.

Per non parlare degli esordienti italiani, sui quali da parte delle grandi case editrici vige da anni un vero e proprio ostracismo e la vulgata secondo la quale gli italiani non saprebbero scrivere. Lo scouting di autori italiani le grandi case editrici, salvo poche eccezioni, non lo fanno neppure più, e comunque non direttamente: si accontentano dei pochi esordienti che propongono loro le agenzie letterarie.

Ma davvero credete anche voi a questa bufala? Che gli autori eredi di Dante, Ariosto, Leopardi, Manzoni, D’Annunzio, Moravia, Buzzati, Eco e Pasolini sarebbero peggiori degli stranieri tradotti? Scrivendo nella loro lingua madre? In un paese di sessanta milioni di abitanti, che leggerà anche poco, ma dove uno su tre ha un manoscritto già pronto nel cassetto?

La verità è che scoprire nuovi autori e farli crescere, fare con loro tutti i giorni discussioni ed editing veri e congiunti delle loro opere (perché nessuna opera nasce perfetta, pronta per la pubblicazione) costa un mucchio di tempo e fatica. E chi fa l’editore mirando soprattutto all'aspetto economico oggi non può più permetterselo.

Tra i libri di una casa editrice medio-piccola (parlo di quelle serie, ovviamente), non troverete invece i soliti noti, l’autore di best seller o la moda del momento, perché a sfidare i grandi editori su questo campo una piccola casa editrice neppure ci prova. Cerca invece di scoprire nuovi talenti, libri originali e con idee nuove, per darsi una linea editoriale personale, distinguersi, farsi notare e conquistare un po’ alla volta nuovi lettori in base al merito e alla qualità delle proposte.

Ma le piccole case editrici, rispetto alle grandi, rischiano ogni giorno di sparire, perché la filiera italiana del libro è costruita a misura dei grandi gruppi editoriali, che possiedono o controllano librerie di catena e anche alcuni dei principali distributori.

Di conseguenza, soprattutto sulle edizioni cartacee, il divario è abissale. Le case editrici che sfornano pochi libri l’anno, spesso curatissimi e di notevole originalità e qualità narrativa, non vengono neppure considerate, perché i distributori lavorano in percentuale sul venduto, e movimentare e promuovere editori, autori e titoli sconosciuti o quasi non è economicamente conveniente.

Le poche piccole case editrici che riescono comunque a sbarcare nelle librerie col cartaceo campano alla giornata, sempre sotto la spada di Damocle dell’invenduto (le famigerate “rese”), e hanno visibilità risibili, perché oggi anche i librai indipendenti di una volta, a parte pochissime isole felici, non esistono più, e le librerie di catena mettono di copertina in bellavista sui desk o in vetrina ciò che gli conviene o viene imposto loro dai marketing delle case editrici maggiori; il resto, spesso di gran lunga più valido, è relegato di costa tra gli scaffali dove nessuno o quasi lo vede; tanto nel giro di tre mesi finirà al macero, perché non vende.

E sui libri elettronici, gli e-book, come siamo messi? Be’, amici, lo sapete bene anche voi. Non a caso ho letto proprio qui su Goodreads le lamentele di alcuni lettori su alcune opere in e-book, pubblicate anche da case editrici italiane importanti, zeppe di refusi: perché non spendono tempo a verificarle e a correggerle!

Uno dei principali motivi della scarsa diffusione degli e-book in Italia (appena il 6-7% del fatturato totale) rispetto ad altri paesi del mondo è lo scempio che degli e-book nel loro insieme è stato fatto negli ultimi anni da molte case editrici italiane.

Nell’epoca della crisi, con anni di contrazioni delle vendite sul cartaceo che solo di recente si sta riprendendo, in molti hanno visto nei libri elettronici la possibile panacea per sanare bilanci altrimenti deficitari, buttandocisi sopra all’insegna del massimo risultato col minimo sforzo, vale a dire traslando brutalmente all’e-book libri nati in formato cartaceo e facendoli pagare a prezzi esorbitanti.

Il risultato di queste sciagurate politiche, invece del decollo del mercato dell’e-book in Italia, è stato negli ultimi anni l’esatto opposto: una progressiva diminuzione delle vendite, a fronte del primo iniziale entusiasmo, perché i lettori non sono scemi, e quando comprano si aspettano un prodotto che valga il prezzo pagato, che sia in cartaceo o in e-book.

Noi di Nuova Narrativa Italiana, che per sopravvivere in questa giungla pubblichiamo per la maggior parte e-book e vendiamo solo dal nostro sito Internet per mantenerci indipendenti dai distributori, sappiamo bene che un e-book valido nasce prima di tutto in formato elettronico, con un’impostazione diversa dal formato cartaceo, per renderlo adeguatamente “fluido”, interattivo e fruibile sui dispositivi di destinazione. Così come sappiamo che il prezzo onesto di un e-book, in assenza della carta, della stampa e della distribuzione fisica del cartaceo, non dovrebbe mai superare il 50% del suo equivalente in cartaceo.

E il self-publishing?”, mi chiederà ora qualcuno: “Non potrebbe essere in futuro un’alternativa, una terza via economica e interessante tra l’offerta commerciale dei grandi gruppi editoriali e quella più di qualità della piccola e media editoria?”.

No, amici; davvero no! Il self-publishing, che tanto si è affermato negli ultimi anni in Italia, non a caso anche grazie al lancio di furbe piattaforme on line costruite ad hoc, è il sintomo della malattia, non è la sua cura. È il risultato della disperazione dei tantissimi autori italiani in pectore, in certi casi anche molto validi, snobbati per anni dalle principali case editrici italiane e illusi dalla disponibilità delle nuove tecnologie, che non ricevendo ormai più alcuna attenzione (se non dagli editori a pagamento), neppure più le lettere di rifiuto che si usavano un tempo, si giocano il tutto per tutto nel self-publishing. Ma pubblicare veramente, col supporto di un vero editore che ti scopre, ti guida e ti promuove, è tutta un’altra cosa.

E allora? Come ci possiamo difendere da lettori, autori ed editori di narrativa di fronte a tutto questo? In un solo, unico modo, amici: tornando a riconoscere e a frequentare la vera narrativa di qualità, quella che col mercato, con le mode, con le vendite e con i marketing ha poco o nulla a che fare!

Per oggi mi fermo qui. Ma la prossima settimana, ve lo prometto, affronterò il punto più cruciale e dirimente di tutta la questione: come riconoscere un libro di narrativa davvero di qualità da uno mediocre, al di là del gusto personale.

Grazie per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!

Mauro Anelli.

Pillola del giorno, dedicata a chi piace l’editoria italiana così com’è:

“Siamo tutti complici dei misfatti che avvengono, anche se ne siamo stati solo spettatori”.
(Ermanno Guerrini, Rosso Storto, Nuova Narrativa Italiana)

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Viaggio nella Narrativa

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