Mauro Anelli's Blog: Viaggio nella Narrativa - Posts Tagged "e-book"
La tirannia della carta

Ciao a tutti! Ben ritrovati. Interessante il titolo del post di oggi, vero?
Premetto che quanto sto per scrivere trascende dai miei gusti personali, perché, se fosse per me, romantico come sono, passerei gran parte della vita nelle librerie e nelle biblioteche, anche solo per bearmi dell’irresistibile profumo della carta (e della cultura). Ma di mestiere faccio l’editore di narrativa e devo cercare di essere obiettivo.
Ci sono lettori, anche di quelli forti – ve lo posso assicurare – che non leggerebbero un romanzo in e-book (in formato elettronico) neppure se puntassero loro una pistola alla testa, o se fosse il più grande e godibile capolavoro della letteratura di ogni tempo. Ma non sanno, purtroppo, cosa si perdono.
Un libro di narrativa, come ho ricordato negli interventi precedenti, è il pensiero scritto di un essere umano che racconta una storia ad altri esseri umani. Che sia scritto su carta o su altri supporti impatta solo sul piano estetico, economico e funzionale, ma non sulla sua natura. Perché sono i contenuti che fanno un libro di narrativa: il pensiero e la storia che vi stanno dentro.
Eppure, nel tempo, complice il mercato dell’editoria e le convenienze e connivenze a esso correlate, questo mito della carta ci è stato inculcato dentro fino a farne un totem, e a renderlo quasi imprescindibile e indistinguibile dal concetto stesso di libro.
“Quasi”, dico, perché ultimamente, anche se lentamente (e in Italia più lentamente che altrove), un po’ di lettori si sta finalmente rendendo conto che con gli ultimi dispositivi della tecnologia (e-reader, smartphone, tablet, ecc.) si può disporre di un’intera biblioteca di centinaia di titoli, sempre a portata di mano e per di più trasportabile, racchiusa in un peso e in un ingombro inferiore a quella di un singolo libro cartaceo tradizionale, oltre ai costi a titolo ridotti e alla possibilità di adattare i formati di lettura al proprio gusto. Mica male, no?
Eppure la tirannia della carta resiste! Perché? E chi ci guadagna e chi ci perde per via di questa tirannia? È molto semplice: ci perdono i lettori, tutti, e le piccole case editrici. E ci guadagnano i distributori, le librerie e i grandi gruppi editoriali, che in Italia, sulla carta, hanno costruito i loro monopoli e le loro fortune.
La carta è bella, ma si porta dietro un paradigma terribile: la stampa e la distribuzione, che arrivano a gonfiare il prezzo di un libro anche del 300% rispetto a quello che potrebbe avere lo stesso libro in formato elettronico. E capite che ci sono lettori ed editori che possono permettersi di spendere questi soldi e altri no: una vera discriminazione in termini di possibilità economiche.
Se a questo aggiungete che in Italia e non solo la piccola editoria è solitamente sinonimo di passione e cultura, mentre la maggior parte della produzione della grande editoria è a fini prettamente commerciali, capite che la perdita di noi lettori non è solo economica, ma anche nella qualità di ciò che compriamo e leggiamo. A questo tema dedicherò un intervento più mirato la prossima settimana.
Tornando alla carta, molti mi obietteranno – e con qualche ragione – che ormai il libro è un prodotto, che si vende e si compra come tanti altri, e al di là del contenuto è importante anche il contenitore, il suo supporto, perché un lettore, quando compra un libro e spende dei soldi, ha il diritto di avere anche un oggetto esteticamente e funzionalmente valido.
Certo che un lettore ha questo diritto! Ci mancherebbe che gli fosse venduto un libro con una copertina inguardabile, che gli si sfalda fra le mani, pieno zeppo di refusi o stampato così male da risultare illeggibile!
Ma è sorprendente e sconfortante constatare quanti lettori, anche tra quelli forti, ammettano oggi senza alcun imbarazzo e come la cosa più naturale del mondo che hanno spesso acquistato un libro di narrativa perché conquistati dalla bellezza della sua copertina, della carta, della rilegatura, e perfino del font dei caratteri con il quale è scritto. Cioè, in sostanza, in base al suo confezionamento come prodotto. A tal punto è arrivato oggi il potere di condizionamento di certi marketing, perfino sui lettori forti!
Ma, amici, un libro di narrativa non è mica un’automobile, che se gli togli la carrozzeria non la riconosci più e gli porti via l’anima. Basta pensare che la stessa opera – romanzo o raccolta di racconti che sia – si può spesso trovare in diverse edizioni, ciascuna con una differente copertina ed estetica.Perciò, se compri un libro di narrativa per una copertina alla moda (oggi presso i guru del marketing va tanto il vintage, ad esempio, non importa se fuori luogo), per la sua rilegatura, per i font o per la carta, allora stai comprando l’estetica, non l’opera in sé. Oppure stai comprando per il gusto di possedere, regalare o esibire: tutte cose che con la narrativa e i suoi contenuti non c’entrano nulla.
Al contrario, come prodotto, un libro di narrativa è molto più simile a un alimento, a un cibo che ingeriamo. Pensate al vino o al latte, ad esempio: li potete trovare in bottiglie di vetro o in confezioni di carta più o meno accattivanti, ma sempre di confezioni si tratta. Perché quello che poi ingerite, che mettete dentro di voi, buono o cattivo che sia, è il contenuto, non il contenitore.
Per i libri di narrativa è lo stesso, è come per gli alimenti: ce ne sono di buoni e di cattivi, di quelli che ci fanno del bene e altri che ci fanno del male, anche se magari sul momento non ce ne accorgiamo. E la cosa peggiore è di sceglierli con scarsa consapevolezza, spesso in base al loro successo, alle mode o ad altri condizionamenti imposti dal mercato, senza capire che è il loro contenuto quello che alla fine ci mettiamo dentro.
Perché i libri – suonerà stucchevole e retorico, ma è la verità – sono cibo per la nostra anima.
Per oggi finisco qui, e consegno come sempre le mie riflessioni alla vostra valutazione, e alla disponibilità di chi, in piena libertà ma sempre con educazione e rispetto reciproco, vorrà interloquire su questo blog.
Domenica prossima, 6 ottobre, parlerò di Piccole, medie e grandi case editrici italiane, per introdurre un tema importante, che svilupperò successivamente: come fare a distinguere un libro di narrativa mediocre, anche se vi è personalmente piaciuto, da uno davvero valido.
Grazie per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Mauro Anelli.Pillola del giorno, a beneficio di coloro che si fermano all’estetica:
“La vita è bella, e può dare molto a chi sa rischiare, a chi è capace di mettersi in discussione e talora azzardare, a chi sa andare fino in fondo alla stradina di campagna per vedere cosa riserva il panorama”.
(Stefania Borgese, Fiore Alternativo, Nuova Narrativa Italiana)
Piccole, medie e grandi case editrici italiane

Ciao a tutti! Eccoci di nuovo a parlare di narrativa.
Oggi mi soffermerò in particolare sullo stato dell’editoria italiana, evidenziando cose che sono sotto gli occhi di tutti, ma che pochi vogliono vedere e di cui ancora meno amano discutere.
Cosa è successo all’editoria italiana negli ultimi dieci anni è presto detto: l’affermarsi del monopolio di pochi grandi gruppi editoriali, che sommati valgono oltre il 70 % del mercato, che controllano l’intera filiera del libro, e che dopo essersi “mangiati” le medie case editrici, oltre ad alcuni marchi storici non proprio medi, hanno cominciato a mangiarsi anche tra loro, come testimonia l'acquisizione di RCS Libri da parte di Mondadori.
Le piccole e medie case editrici restanti e ancora indipendenti, sparpagliate in una miriade d’iniziative diverse, combattono ogni giorno per la sopravvivenza a fronte di numeri e margini che dal 2008 a oggi si sono fatti sempre più risicati. Eppure, paradossalmente, sono proprio loro a garantire un minimo di varietà d’offerta, qualità e novità.
Intendiamoci su questo punto. I grandi gruppi editoriali italiani hanno fatto nel Novecento la storia letteraria del nostro paese, hanno contribuito ad affrancarlo dall’analfabetismo, e a far conoscere autori e opere validissimi, anche stranieri, che altrimenti in Italia sarebbero rimasti forse sconosciuti. E tutt’oggi continuano ancora a pubblicare molte opere valide.
Ma c’è poco da illudersi. Le cose, negli ultimi anni, sono molto cambiate. Gli editori di una volta, quelli che davvero ascoltavano i lettori e si confrontavano per mesi con gli autori, oggi non esistono più.
I grandi gruppi editoriali, oggi, vanno sul sicuro. Hanno bilanci pesanti da far quadrare, strutture articolate da mantenere, e per farlo invadono ogni mese le librerie con centinaia di titoli per lo più commerciali (tra cui molte ristampe), di autori e su argomenti e generi che tirano in quel momento. Ogni tanto ci scappa il best seller, di norma importato dall’estero come la maggior parte della produzione, specie se di narrativa, perché piuttosto che rischiare su qualche autore italiano, a parte i soliti noti, spesso personaggi televisivi, è meglio sobbarcarsi l’acquisto dei diritti e i costi di traduzione di libri che hanno già funzionato altrove. Tanto, poi, li pagano i lettori, sul prezzo di copertina.
Per non parlare degli esordienti italiani, sui quali da parte delle grandi case editrici vige da anni un vero e proprio ostracismo e la vulgata secondo la quale gli italiani non saprebbero scrivere. Lo scouting di autori italiani le grandi case editrici, salvo poche eccezioni, non lo fanno neppure più, e comunque non direttamente: si accontentano dei pochi esordienti che propongono loro le agenzie letterarie.
Ma davvero credete anche voi a questa bufala? Che gli autori eredi di Dante, Ariosto, Leopardi, Manzoni, D’Annunzio, Moravia, Buzzati, Eco e Pasolini sarebbero peggiori degli stranieri tradotti? Scrivendo nella loro lingua madre? In un paese di sessanta milioni di abitanti, che leggerà anche poco, ma dove uno su tre ha un manoscritto già pronto nel cassetto?
La verità è che scoprire nuovi autori e farli crescere, fare con loro tutti i giorni discussioni ed editing veri e congiunti delle loro opere (perché nessuna opera nasce perfetta, pronta per la pubblicazione) costa un mucchio di tempo e fatica. E chi fa l’editore mirando soprattutto all'aspetto economico oggi non può più permetterselo.
Tra i libri di una casa editrice medio-piccola (parlo di quelle serie, ovviamente), non troverete invece i soliti noti, l’autore di best seller o la moda del momento, perché a sfidare i grandi editori su questo campo una piccola casa editrice neppure ci prova. Cerca invece di scoprire nuovi talenti, libri originali e con idee nuove, per darsi una linea editoriale personale, distinguersi, farsi notare e conquistare un po’ alla volta nuovi lettori in base al merito e alla qualità delle proposte.
Ma le piccole case editrici, rispetto alle grandi, rischiano ogni giorno di sparire, perché la filiera italiana del libro è costruita a misura dei grandi gruppi editoriali, che possiedono o controllano librerie di catena e anche alcuni dei principali distributori.
Di conseguenza, soprattutto sulle edizioni cartacee, il divario è abissale. Le case editrici che sfornano pochi libri l’anno, spesso curatissimi e di notevole originalità e qualità narrativa, non vengono neppure considerate, perché i distributori lavorano in percentuale sul venduto, e movimentare e promuovere editori, autori e titoli sconosciuti o quasi non è economicamente conveniente.
Le poche piccole case editrici che riescono comunque a sbarcare nelle librerie col cartaceo campano alla giornata, sempre sotto la spada di Damocle dell’invenduto (le famigerate “rese”), e hanno visibilità risibili, perché oggi anche i librai indipendenti di una volta, a parte pochissime isole felici, non esistono più, e le librerie di catena mettono di copertina in bellavista sui desk o in vetrina ciò che gli conviene o viene imposto loro dai marketing delle case editrici maggiori; il resto, spesso di gran lunga più valido, è relegato di costa tra gli scaffali dove nessuno o quasi lo vede; tanto nel giro di tre mesi finirà al macero, perché non vende.
E sui libri elettronici, gli e-book, come siamo messi? Be’, amici, lo sapete bene anche voi. Non a caso ho letto proprio qui su Goodreads le lamentele di alcuni lettori su alcune opere in e-book, pubblicate anche da case editrici italiane importanti, zeppe di refusi: perché non spendono tempo a verificarle e a correggerle!
Uno dei principali motivi della scarsa diffusione degli e-book in Italia (appena il 6-7% del fatturato totale) rispetto ad altri paesi del mondo è lo scempio che degli e-book nel loro insieme è stato fatto negli ultimi anni da molte case editrici italiane.
Nell’epoca della crisi, con anni di contrazioni delle vendite sul cartaceo che solo di recente si sta riprendendo, in molti hanno visto nei libri elettronici la possibile panacea per sanare bilanci altrimenti deficitari, buttandocisi sopra all’insegna del massimo risultato col minimo sforzo, vale a dire traslando brutalmente all’e-book libri nati in formato cartaceo e facendoli pagare a prezzi esorbitanti.
Il risultato di queste sciagurate politiche, invece del decollo del mercato dell’e-book in Italia, è stato negli ultimi anni l’esatto opposto: una progressiva diminuzione delle vendite, a fronte del primo iniziale entusiasmo, perché i lettori non sono scemi, e quando comprano si aspettano un prodotto che valga il prezzo pagato, che sia in cartaceo o in e-book.
Noi di Nuova Narrativa Italiana, che per sopravvivere in questa giungla pubblichiamo per la maggior parte e-book e vendiamo solo dal nostro sito Internet per mantenerci indipendenti dai distributori, sappiamo bene che un e-book valido nasce prima di tutto in formato elettronico, con un’impostazione diversa dal formato cartaceo, per renderlo adeguatamente “fluido”, interattivo e fruibile sui dispositivi di destinazione. Così come sappiamo che il prezzo onesto di un e-book, in assenza della carta, della stampa e della distribuzione fisica del cartaceo, non dovrebbe mai superare il 50% del suo equivalente in cartaceo.
“E il self-publishing?”, mi chiederà ora qualcuno: “Non potrebbe essere in futuro un’alternativa, una terza via economica e interessante tra l’offerta commerciale dei grandi gruppi editoriali e quella più di qualità della piccola e media editoria?”.
No, amici; davvero no! Il self-publishing, che tanto si è affermato negli ultimi anni in Italia, non a caso anche grazie al lancio di furbe piattaforme on line costruite ad hoc, è il sintomo della malattia, non è la sua cura. È il risultato della disperazione dei tantissimi autori italiani in pectore, in certi casi anche molto validi, snobbati per anni dalle principali case editrici italiane e illusi dalla disponibilità delle nuove tecnologie, che non ricevendo ormai più alcuna attenzione (se non dagli editori a pagamento), neppure più le lettere di rifiuto che si usavano un tempo, si giocano il tutto per tutto nel self-publishing. Ma pubblicare veramente, col supporto di un vero editore che ti scopre, ti guida e ti promuove, è tutta un’altra cosa.
E allora? Come ci possiamo difendere da lettori, autori ed editori di narrativa di fronte a tutto questo? In un solo, unico modo, amici: tornando a riconoscere e a frequentare la vera narrativa di qualità, quella che col mercato, con le mode, con le vendite e con i marketing ha poco o nulla a che fare!
Per oggi mi fermo qui. Ma la prossima settimana, ve lo prometto, affronterò il punto più cruciale e dirimente di tutta la questione: come riconoscere un libro di narrativa davvero di qualità da uno mediocre, al di là del gusto personale.
Grazie per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Pillola del giorno, dedicata a chi piace l’editoria italiana così com’è:
“Siamo tutti complici dei misfatti che avvengono, anche se ne siamo stati solo spettatori”.
(Ermanno Guerrini, Rosso Storto, Nuova Narrativa Italiana)
Come scegliere un libro di narrativa

Ciao a tutti! Rieccoci a parlare insieme di narrativa.
Come ho promesso la settimana scorsa, cercherò in questo intervento di dare una sorta di decalogo, delle linee guida destinate ai lettori, e in particolare ai lettori forti, per la scelta dei libri di narrativa tra le migliaia di proposte che ogni mese invadono le librerie e i megastore on line.
Premetto che si tratta di consigli generali, maturati attraverso la mia esperienza di lettore forte e di editore, che vanno però personalizzati da ciascuno in funzione dei propri gusti. Perché, specie se si dispone di un budget limitato da destinare alla lettura, avere un minimo di criterio nelle scelte ci aiuta a leggere libri davvero validi e a evitare di sprecare tempo e soldi in brutti libri.
Vediamo perciò quali sono gli errori più comuni da evitare e le prassi migliori da seguire per scegliere con oculatezza e soddisfazione i libri che meritano davvero la nostra lettura.
1) Non acquistare mai un libro di narrativa basandosi solo sul suo confezionamento, vale a dire in base al supporto (cartaceo o elettronico), al titolo, alla copertina, alla rilegatura, ecc.. Ne ho già parlato in un intervento precedente (se ve lo siete perso, cliccate qui), ma lo ribadisco. L’essenza di un’opera di narrativa è il pensiero e il contenuto che vi stanno dentro e che dentro vi metterete leggendola. Al contrario, il confezionamento dei libri è insieme alla pubblicità il mezzo attraverso il quale i marketing delle case editrici tendono a piazzare opere molto spesso mediocri. Più una copertina vi intriga e più un titolo vi suona accattivante, più è probabile che nascondano una fregatura.
2) Non acquistare mai un best seller, e, se proprio, leggerlo almeno un anno dopo la sua uscita. I best seller, come dice il termine stesso, sono libri prettamente commerciali, quasi sempre scritti e pubblicati solo per vendere, che nella stragrande maggioranza dei casi devono il loro successo non alla qualità della narrativa, ma allo sfruttamento di nostre umane debolezze, ai meccanismi del “torbido” di cui ho parlato in un mio intervento precedente (se ve lo siete perso, cliccate qui). Se vi volete bene, statene alla larga. Ma mi rendo conto che non è facile: tutti intorno a voi ne parlano, come fate a non leggerli? La cosa migliore è prenotarli in una biblioteca, così non buttate i vostri soldi, non contribuite alla diffusione di brutti libri, e li leggete con maggiore obiettività e senso critico quando l’onda emozionale e pubblicitaria si è finalmente placata.
3) Non fissarsi su un solo genere e sulle opere di uno stesso autore, ma, al contrario, cercare di spaziare su più generi e autori senza preconcetti, di ampliare orizzonti e senso critico, perché la narrativa è prima di tutto invenzione e fantasia. Lo dico soprattutto a beneficio di quei lettori, e sono tanti, che si fanno quasi un vanto del leggere tutte le opere di un particolare autore, e così, se gli va bene, leggono un capolavoro e venti o più opere mediocri. E ci sono autori ed editori che su questo hanno costruito intere fortune.
4) Leggere, di un autore, solo i capolavori di quell’autore. Questa sembrerebbe una banalità, ma non lo è, e la spiego meglio con un esempio tratto dalle arti visive. Quali sono i capolavori di Renoir? Lo sanno tutti: il Ballo al Moulin de la Galette e La colazione dei canottieri. Perché sono dei capolavori? Perché, se fossero battuti all’asta, raggiungerebbero cifre iperboliche rispetto ad altri quadri dello stesso artista? La risposta è questa: perché in questi due quadri sono riassunte e sviluppate al meglio tutte le tematiche più importanti e caratteristiche di Renoir, sono come dei manifesti della sua arte. Tornando alla narrativa, funziona allo stesso modo. C’è chi sostiene che un autore, in realtà, scriva sempre lo stesso libro, perché i temi che un autore tende a trattare, che gli sono cari, sono quasi sempre gli stessi. È vero, ma non è lo stesso il risultato. I capolavori di un autore di narrativa, le sue opere migliori, sono quelli in cui un autore ha espresso al meglio i temi di cui tratta, e sono questi i libri da leggere. Certo, per i classici sapere quali sono di un autore i capolavori è più facile, perché la selezione l’ha già fatta per noi il tempo. Ma per i contemporanei non è poi così difficile: di solito bastano un paio d’anni se non addirittura pochi mesi, e dei libri che non meritano non se ne sente più parlare, o se ne parla infinitamente di meno che ai tempi della loro prima uscita. A poco a poco vengono dimenticati.
5) Allenare il senso critico e non confondere la qualità narrativa con ciò che ci piace. Ciò che ci piace, purtroppo, sempre più spesso, è frutto di condizionamenti esterni, del senso comune e delle mode. Ma al di là di questo è importante allenarsi a valutare la qualità oggettiva di ciò che si è letto, per evitare di incorrere in fregature in serie, cioè di leggere continuamente brutti libri senza neppure accorgersene. Il metodo per fare questo l’ho già descritto in uno dei miei post precedenti, quello sul “torbido” infilato apposta nei libri da certi autori e certi editori per aumentare le vendite. Se ve lo siete perso, cliccate qui.
6) Non assumere il marchio di un grande editore come garanzia di qualità a priori. Questo, in Italia, ha fatto la fortuna dei grandi marchi editoriali, mortificando le piccole case editrici. Ma il mestiere di editore, come si faceva una volta, che privilegiava la passione e la qualità, oggi quasi non esiste più, specie per chi deve far quadrare grossi bilanci: per i grandi gruppi editoriali oggi contano soprattutto i dati di vendita. Perciò, non comprate a priori un libro perché è pubblicato da un grande editore; e comunque, se lo fate, tenete sempre alta la vostra coscienza critica, e se vi frega vendendovi delle mediocrità, sperimentate altro.
7) Mettere alla prova le piccole case editrici che non pubblicano a pagamento. Sono le poche case editrici che pubblicano ancora per passione e pochi libri all’anno, spesso curati in modo maniacale. Faticate a trovarle il libreria, perché per i distributori sono solo una seccatura, e a volte pubblicano solo e-book. Ma sono le sole che continuano a prediligere la qualità, che fanno di continuo scouting sugli autori, che propongono esordienti veraci e originali, non omologati alle mode e al mercato. Date loro una possibilità; se poi vi fregano, le dimenticate. Ma difficilmente vi fregheranno.
8) Non acquistare libri di narrativa pubblicati in self-publishing. Si tratta, per lo più, delle opere prime di autori disperati o smodatamente ambiziosi, che non hanno trovato un editore disposto a pubblicarli. Queste opere non passano prima quasi mai attraverso il filtro di un editing professionale, e contengono ingenuità, mediocrità e situazioni autoreferenziali tipiche di autori che non hanno avuto la possibilità di confrontarsi con una controparte obiettiva e competente. Sono quasi sempre soldi e tempo buttati.
9) Informarsi sui libri da più fonti, ma diffidare delle recensioni compiacenti. Nell’era di Internet, non è poi così difficile documentarsi. Ma, al solito, là dove trionfano le vendite e i toni trionfalistici, dai quali non sono immuni anche i social, è bene fare attenzione. Ci sono falsi lettori e critici ricompensati in vario modo per le loro recensioni. Ma non c’è niente di meglio che affidarsi alla nostra testa in piena autonomia per scegliere un libro: magari sbaglieremo, all’inizio; ma, almeno, non come sbagliano tutti.
10) Piantiamola con l’esterofilia! Gli autori italiani scrivono bene quanto quelli stranieri, e hanno il vantaggio di esprimersi direttamente nella nostra lingua. Certo, scoprirli costa tempo e fatica, per questo li trovate poco nelle librerie, a parte i soliti noti, spesso personaggi televisivi, perché i grandi gruppi editoriali tendono ad andare sul sicuro, pubblicando stranieri già di successo altrove: tanto le traduzioni le paghiamo noi lettori sul prezzo di copertina. Il pregiudizio sugli autori italiani deve finire.
Bene, per ora mi fermo qui, e mi auguro, con questo primo ciclo di articoli sul mio blog, di essere stato di aiuto ai tanti lettori che non ne possono ormai più della solita minestra riscaldata, ma vorrebbero finalmente leggere storie originali, emozionanti e diverse, in grado di farli nuovamente sognare, lontane dai soliti cliché. E d'aiuto anche agli autori e agli editori italiani perché tornino a scrivere e a pubblicare queste storie, privilegiando di più i contenuti delle vendite.
Grazie come sempre per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Mauro Anelli.Pillola del giorno, sugli autori validi e di qualità, che i lettori pigri faticano a scoprire:
“Pensò alla possibilità di un mondo nascosto parallelo, alla presenza di cose ed entità che non ci è dato vedere e percepire, accessibili solo ad altri sensi o a particolari condizioni”.
(Enrico Rolli, Musica sull’acqua, Nuova Narrativa Italiana)
Viaggio nella Narrativa
Il blog di un autore, editore e lettore forte, libero e indipendente, dove troverete trattati senza remore né censure argomenti del tutto fuori dal coro del mercato italiano della narrativa, quali:
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