Mauro Anelli's Blog: Viaggio nella Narrativa - Posts Tagged "successo"
La tirannia della carta

Ciao a tutti! Ben ritrovati. Interessante il titolo del post di oggi, vero?
Premetto che quanto sto per scrivere trascende dai miei gusti personali, perché, se fosse per me, romantico come sono, passerei gran parte della vita nelle librerie e nelle biblioteche, anche solo per bearmi dell’irresistibile profumo della carta (e della cultura). Ma di mestiere faccio l’editore di narrativa e devo cercare di essere obiettivo.
Ci sono lettori, anche di quelli forti – ve lo posso assicurare – che non leggerebbero un romanzo in e-book (in formato elettronico) neppure se puntassero loro una pistola alla testa, o se fosse il più grande e godibile capolavoro della letteratura di ogni tempo. Ma non sanno, purtroppo, cosa si perdono.
Un libro di narrativa, come ho ricordato negli interventi precedenti, è il pensiero scritto di un essere umano che racconta una storia ad altri esseri umani. Che sia scritto su carta o su altri supporti impatta solo sul piano estetico, economico e funzionale, ma non sulla sua natura. Perché sono i contenuti che fanno un libro di narrativa: il pensiero e la storia che vi stanno dentro.
Eppure, nel tempo, complice il mercato dell’editoria e le convenienze e connivenze a esso correlate, questo mito della carta ci è stato inculcato dentro fino a farne un totem, e a renderlo quasi imprescindibile e indistinguibile dal concetto stesso di libro.
“Quasi”, dico, perché ultimamente, anche se lentamente (e in Italia più lentamente che altrove), un po’ di lettori si sta finalmente rendendo conto che con gli ultimi dispositivi della tecnologia (e-reader, smartphone, tablet, ecc.) si può disporre di un’intera biblioteca di centinaia di titoli, sempre a portata di mano e per di più trasportabile, racchiusa in un peso e in un ingombro inferiore a quella di un singolo libro cartaceo tradizionale, oltre ai costi a titolo ridotti e alla possibilità di adattare i formati di lettura al proprio gusto. Mica male, no?
Eppure la tirannia della carta resiste! Perché? E chi ci guadagna e chi ci perde per via di questa tirannia? È molto semplice: ci perdono i lettori, tutti, e le piccole case editrici. E ci guadagnano i distributori, le librerie e i grandi gruppi editoriali, che in Italia, sulla carta, hanno costruito i loro monopoli e le loro fortune.
La carta è bella, ma si porta dietro un paradigma terribile: la stampa e la distribuzione, che arrivano a gonfiare il prezzo di un libro anche del 300% rispetto a quello che potrebbe avere lo stesso libro in formato elettronico. E capite che ci sono lettori ed editori che possono permettersi di spendere questi soldi e altri no: una vera discriminazione in termini di possibilità economiche.
Se a questo aggiungete che in Italia e non solo la piccola editoria è solitamente sinonimo di passione e cultura, mentre la maggior parte della produzione della grande editoria è a fini prettamente commerciali, capite che la perdita di noi lettori non è solo economica, ma anche nella qualità di ciò che compriamo e leggiamo. A questo tema dedicherò un intervento più mirato la prossima settimana.
Tornando alla carta, molti mi obietteranno – e con qualche ragione – che ormai il libro è un prodotto, che si vende e si compra come tanti altri, e al di là del contenuto è importante anche il contenitore, il suo supporto, perché un lettore, quando compra un libro e spende dei soldi, ha il diritto di avere anche un oggetto esteticamente e funzionalmente valido.
Certo che un lettore ha questo diritto! Ci mancherebbe che gli fosse venduto un libro con una copertina inguardabile, che gli si sfalda fra le mani, pieno zeppo di refusi o stampato così male da risultare illeggibile!
Ma è sorprendente e sconfortante constatare quanti lettori, anche tra quelli forti, ammettano oggi senza alcun imbarazzo e come la cosa più naturale del mondo che hanno spesso acquistato un libro di narrativa perché conquistati dalla bellezza della sua copertina, della carta, della rilegatura, e perfino del font dei caratteri con il quale è scritto. Cioè, in sostanza, in base al suo confezionamento come prodotto. A tal punto è arrivato oggi il potere di condizionamento di certi marketing, perfino sui lettori forti!
Ma, amici, un libro di narrativa non è mica un’automobile, che se gli togli la carrozzeria non la riconosci più e gli porti via l’anima. Basta pensare che la stessa opera – romanzo o raccolta di racconti che sia – si può spesso trovare in diverse edizioni, ciascuna con una differente copertina ed estetica.Perciò, se compri un libro di narrativa per una copertina alla moda (oggi presso i guru del marketing va tanto il vintage, ad esempio, non importa se fuori luogo), per la sua rilegatura, per i font o per la carta, allora stai comprando l’estetica, non l’opera in sé. Oppure stai comprando per il gusto di possedere, regalare o esibire: tutte cose che con la narrativa e i suoi contenuti non c’entrano nulla.
Al contrario, come prodotto, un libro di narrativa è molto più simile a un alimento, a un cibo che ingeriamo. Pensate al vino o al latte, ad esempio: li potete trovare in bottiglie di vetro o in confezioni di carta più o meno accattivanti, ma sempre di confezioni si tratta. Perché quello che poi ingerite, che mettete dentro di voi, buono o cattivo che sia, è il contenuto, non il contenitore.
Per i libri di narrativa è lo stesso, è come per gli alimenti: ce ne sono di buoni e di cattivi, di quelli che ci fanno del bene e altri che ci fanno del male, anche se magari sul momento non ce ne accorgiamo. E la cosa peggiore è di sceglierli con scarsa consapevolezza, spesso in base al loro successo, alle mode o ad altri condizionamenti imposti dal mercato, senza capire che è il loro contenuto quello che alla fine ci mettiamo dentro.
Perché i libri – suonerà stucchevole e retorico, ma è la verità – sono cibo per la nostra anima.
Per oggi finisco qui, e consegno come sempre le mie riflessioni alla vostra valutazione, e alla disponibilità di chi, in piena libertà ma sempre con educazione e rispetto reciproco, vorrà interloquire su questo blog.
Domenica prossima, 6 ottobre, parlerò di Piccole, medie e grandi case editrici italiane, per introdurre un tema importante, che svilupperò successivamente: come fare a distinguere un libro di narrativa mediocre, anche se vi è personalmente piaciuto, da uno davvero valido.
Grazie per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Mauro Anelli.Pillola del giorno, a beneficio di coloro che si fermano all’estetica:
“La vita è bella, e può dare molto a chi sa rischiare, a chi è capace di mettersi in discussione e talora azzardare, a chi sa andare fino in fondo alla stradina di campagna per vedere cosa riserva il panorama”.
(Stefania Borgese, Fiore Alternativo, Nuova Narrativa Italiana)
Il triangolo virtuoso lettori-autori-editori

Buongiorno a tutti! Rieccoci.
Nell’intervento di oggi, torno a parlare delle figure che compongono il triangolo virtuoso della narrativa, vale a dire lettori, autori ed editori, coloro che i libri li leggono, li scrivono e li fanno.
Ho già scritto in un intervento precedente (se ve lo siete perso, cliccate qui) che negli ultimi decenni in Italia il mercato del libro si è evoluto in direzione opposta a quella del triangolo virtuoso, con un'importanza crescente della promozione e della distribuzione che sono arrivate a pesare sul cartaceo fino al 65% del prezzo di copertina di un libro. Tolti i costi di produzione, che nell’insieme sommano un altro 20%, del prezzo pagato di un libro dai lettori solo le briciole restano in mano ad autori ed editori. O meglio: agli autori normali, non di particolare successo, e agli editori medio-piccoli. Perché gli autori affermati e i grandi editori (che in certi casi controllano i distributori e possiedono proprie librerie di catena) non hanno di questi problemi. I margini, per loro, sono ben più alti.
Il risultato di questa situazione è una progressiva asfissia della piccola editoria indipendente di cultura, quella non omologata, che combatte ogni giorno per sopravvivere e che si sforza di continuo di scoprire nuovi autori originali e opere di qualità, rispetto all’offerta prevalente, che ha un carattere prettamente commerciale.
Ma non solo questo, purtroppo. La dittatura delle mode e del mercato, la rincorsa della vendita e del successo a ogni costo a discapito della qualità, ha innescato negli anni un circolo vizioso all’interno dello stesso triangolo, ormai non più virtuoso, per cui gli stessi lettori, autori ed editori, attraverso alcuni loro comportamenti, continuano progressivamente a cedere pezzi della propria libertà nella narrativa. Gli autori sacrificano fantasia e originalità per compiacere gli editori, i lettori e il mercato nella speranza di chissà quali successi. I lettori si adeguano senza spirito critico alle mode e alla mediocrità delle proposte. Gli editori pubblicano principalmente allo scopo di vendere,
Come si fa a invertire questa deriva? Che cosa dovrebbero fare gli attori del triangolo virtuoso per riprendersi il centro della scena? Come dovrebbero essere un lettore, un autore e un editore davvero liberi?
Partiamo dagli autori, che i libri li scrivono.
Quando ci arriva in redazione un manoscritto di un autore davvero libero, per noi di Nuova Narrativa Italiana è una festa, un evento speciale. Perché un autore libero scrive senza secondi fini, in totale gratuità. Non si cura delle mode, di compiacere i lettori, delle comparsate televisive, di far parlare di sé. Scrive per il solo gusto di inventare, di esprimersi, di comunicare ed emozionare. E quando leggi un libro di un autore davvero libero, te ne accorgi subito, perché la differenza in termini di originalità e fantasia è abissale rispetto alla solita fuffa commerciale omologata.
Un autore davvero libero non scimmiotta nessuno, perché non ne ha bisogno: gli basta essere se stesso. Non infarcisce le sue opere dei meccanismi del torbido (se vi siete persi l'articolo sul “torbido”, cliccate qui), perché non scrive per vendere. È aperto alle critiche e al dialogo con il suo editore, perché sa che qualsiasi opera è sempre migliorabile. È forte e umile al tempo stesso: non si monta la testa per un successo e non è geloso delle sue opere. Perché è libero anche da se stesso, dal proprio ego.
Ma gli autori davvero liberi, oggi, sono una vera rarità. Perché la maggior parte degli autori di narrativa scrive storie già viste e allineate al gusto comune, piene di banalità, stereotipi, mediocrità, provincialismi e trucchi atti a emozionare facilmente, al solo scopo di compiacere, di farsi conoscere e di vendere. E, curiosamente, più la loro opera è mediocre, più ne sono fieri e gelosi, recalcitranti alle modifiche e refrattari a critiche e consigli, prigionieri del proprio ego.
E gli editori? Come dovrebbe essere un editore libero? Un editore davvero libero dovrebbe essere uno specchio per i suoi autori e un filtro per i suoi lettori.
Uno specchio per mostrare agli autori la loro vera faccia e la reale natura delle loro opere, entrando a fondo nei testi, evidenziandone pregi e difetti, e avendo il coraggio di proporre modifiche anche importanti. Un editore deve essere la coscienza critica che troppo spesso manca agli autori.Un filtro per cestinare le opere mediocri e pubblicare solo quelle davvero meritevoli, rifiutandosi di compiacere a tutti i costi i lettori, di rincorrere le mode del momento, perché non è vero che i lettori hanno sempre ragione. Un po’ alla volta, un editore davvero libero, dovrebbe sforzarsi di innalzare la qualità delle proprie pubblicazioni, insieme al gusto e alle aspettative dei propri lettori.
Un editore davvero libero non mira ai best seller, a fare “botti” di vendite spacciando per capolavori opere mediocri: mira, se proprio, ai long seller, a pubblicare quei libri davvero validi che per la loro oggettiva qualità vendono un po’ alla volta e con continuità nel tempo.
Ma gli editori davvero liberi, oggi, sono pochi. E sono al contrario tanti gli editori che in questi anni, pur di sopravvivere e guadagnare, sono scesi ai più biechi compromessi con i dettami del mercato e con la propria coscienza, al punto da operare al contrario: incoraggiare e pubblicare (spesso a pagamento) opere mediocri, senza revisione né editing, così come arrivano da parte degli autori, infarcite di tutto il torbido che serve a vendere e a compiacere i gusti più primitivi di lettori ormai assuefatti al peggio.
Già, i lettori. Che dire allora dei lettori? Come dovrebbe essere un lettore davvero libero?
Prima di tutto, una doverosa premessa. In un paese di individualisti, opportunisti e falsi moralisti come è purtroppo l’Italia, interessato solo ai motori, ai cellulari e al pallone, ai lettori si dovrebbe dare una medaglia, improvvisati o forti che siano e qualsiasi cosa leggano, solo per il fatto che leggono.
Sono i lettori che tengono ancora accesa la fiammella della narrativa in Italia, non certo gli autori e gli editori nostrani, che in questi decenni ne hanno combinate di ogni, con le fanfare dei loro marketing, spacciando per capolavori opere e orizzonti da bassoventre.
Ma certo anche i lettori hanno la loro parte di responsabilità, in particolare nel fidarsi troppo della propaganda e poco della propria testa, dell’apparenza in luogo della sostanza, e nel confondere la qualità col gusto personale.
Un lettore davvero libero dovrebbe invece di continuo sperimentare e confrontare, leggere diversi generi e autori, ignorare le classifiche di vendita dei libri e i soliti nomi, per divertirsi di persona a scovare di costa, negli scaffali delle librerie, quegli autori, quegli editori e quelle storie davvero originali e meritevoli di attenzione. Un lettore davvero libero dovrebbe avere una coscienza critica in continuo movimento ed esercizio.
Bene, amici; per oggi mi fermo qui. La prossima settimana, domenica 27 ottobre, a beneficio dei lettori che vogliono essere davvero liberi, darò una sorta di decalogo, delle linee guida per scegliere con oculatezza e soddisfazione i libri di narrativa che meritano davvero la nostra lettura, evitando di sprecare tempo e denaro in brutti libri.
Ma per ora vi ringrazio di avermi letto. Un abbraccio e un saluto a tutti!
Pillola del giorno, dedicata agli editori senza scrupoli, che fanno a gara nel pubblicare il peggio:
“C’eravamo imbattuti in qualcuno peggiore di noi, che si meritava pertanto il nostro rispetto”.
(Mauro Anelli, Gli efferati, Nuova Narrativa Italiana)
Viaggio nella Narrativa
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